Al Senato il Cav teme la "sindrome Prodi"

Il voto oggi potrebbe dare a Pdl e Lega una maggioranza troppo risicata a Palazzo Madama

Al Senato il Cav teme la "sindrome Prodi"

Roma - Senato, sollievo e incubo per Berlusconi. Già, perché se palazzo Madama è l’arma fondamentale per far abortire qualsiasi governo-pastrocchio, lo stesso potrebbe rivelarsi una vera e propria «mina» in caso di elezioni. Colpa della legge elettorale che, con quel premio di maggioranza distribuito a livello regionale, toglie il sonno al Cavaliere. La sindrome di Prodi. Ma andiamo con ordine.

Con la diaspora dei 34 finiani, la maggioranza traballa alla Camera. Il Pdl (237), più la Lega (59), più i minori del gruppo misto (10), garantiscono a Berlusconi una forza di 306 deputati. In termini assoluti, sotto la maggioranza necessaria che è di 315 deputati. Pertanto, a Montecitorio, i numeri per far nascere un governo tecnico o del presidente, o delle larghissime intese, ci sarebbero. Tenendo dentro tutti, attuale opposizione, più finiani e gruppo misto ostile, si avrebbe una maggioranza di 324 deputati. Ma al Senato il discorso cambia. Questi gli attuali rapporti di forza: il Pdl oggi può contare su 135 senatori, avendo perso i 10 finiani. Numeri che potrebbero subire variazioni, visto che i frondisti assicurano il trasloco di Pisanu e altri due o tre senatori. Ipotesi pessimista per Berlusconi: Pdl a 132, finiani a 13. D’altra parte si mormora invece che sia pronto a dare sostegno al Pdl il senatore del gruppo misto Riccardo Villari e persino l’udiccina Dorina Bianchi. E forse altri. Fotografando l’attuale situazione, Pdl (135 senatori) più Lega (26) più Union Valdotaine (1) raggiungono una forza di 162 unità. Numeri, questi, che renderebbe molto complicato il parto di un esecutivo tecnico o balneare. Un eventuale governo-pastrocchio sarebbe retto da un’ammucchiata composta da Pd (113 senatori), Idv (12), Fli (10), Mpa di Lombardo (3), Api di Rutelli (4), Udc (3), Svp (3), Io Sud di Poli Bortone (1), Repubblicani europei di Luciana Sbarbati (1). Totale: 149. Certo, ci sono i sette senatori a vita: Scalfaro, Cossiga, Andreotti, Ciampi, Colombo, Montalcini, Pininfarina. Anche se, per assurdo, si conteggiassero tutti a favore di un governo istituzionale, si arriverebbe a un totale di 156. Ricapitolando: palazzo Madama conta 315 senatori più sette senatori a vita, uguale 322. La maggioranza è di 161 e questa cifra, oggi, non c’è per portare a compimento alcun ribaltone. Molti accusano Berlusconi di brandire un’arma spuntata quando minaccia le urne. Ma la critica non regge: al Senato non ci sono spazi di manovra per un altro governo. E questo lo sanno Berlusconi, Fini, Casini e anche il capo dello Stato.

Palazzo Madama per adesso garantisce che non si mescolino le carte e, in caso di crisi di governo, il capo dello Stato probabilmente sarà obbligato a sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni. Ma l’incubo, per Berlusconi, potrebbe arrivare subito dopo. Sempre il Senato il nodo centrale. Ipotizzando una coalizione tra centristi, il cosiddetto terzo polo tra rutelliani, udiccini, finiani, autonomisti di Lombardo, sudisti della Poli Bortone, Berlusconi andrebbe alle urne alleato soltanto con la Lega di Bossi. La quale presumibilmente farà sfracelli al Nord. Ma altrove? Al centro e al Sud il Pdl sarebbe costretto a vincere da solo per poter ottenere il premio di maggioranza, distribuito a livello regionale. Ma Berlusconi in solitaria riuscirebbe a vincere in Lazio, Campania (qui sono forti i finiani), Puglia (qui la Poli Bortone ha un bacino di voti solido), Sicilia (dove Lombardo ha consensi e potere) e Sardegna (qui Pisanu potrebbe organizzarsi)? E se la campagna elettorale si giocasse tutta contro il federalismo di Bossi, nemico del Sud? Un Berlusconi vittorioso in termini assoluti potrebbe paradossalmente avere la maggioranza alla Camera, dove adesso scricchiola.

Ma averla risicata se non addirittura non averla affatto al Senato, dove oggi è forte. Risultato: fare la fine dell’ultimo governo Prodi, costretto a stare in piedi grazie alla stampella di un senatore a vita. Roba da far tremare i polsi.

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