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Senna jr sulla Williams, la F1 fatale a zio Ayrton

Senna jr sulla Williams, la F1 fatale a zio Ayrton

In fondo è una storia triste. Un brasiliano di serie C toglie il volante di mano a un brasiliano di serie B e il tutto in memoria di un terzo brasiliano di serie A. Meglio dire tripla A, visto che va di moda. Se ci fosse una Standard & Poor’s della F1, l’operazione Bruno Senna sulla Williams usata da Barrichello nel 2011, ma soprattutto la Williams su cui si uccise il mitico Ayrton Senna, Imola mellenovecentonovantaquattro, era il primo maggio, il giorno prima era toccato al povero Roland Ratzemberger, ecco, se ci fosse un’agenzia di rating declasserebbe subito la suddetta operazione. Perché sa di serie B e C assieme, e soprattutto odora terribilmente di sponsor e tristezza infinita.
Per la verità odora anche di silenziosa e sacrosanta paura. La paura di mamma Viviane Senna, sorella di Ayrton, che assieme ai genitori, per lunghi anni, ha provato a tener lontano il figlio Bruno dai motori dopo che lo zio si era ammazzato. Ma inutilmente. Perché Bruno - e di questa caparbietà gli va dato atto - è giunto nel Circus in vistosissimo ritardo, a 26 anni, costretto come è stato a debuttare nelle formule minori solo una volta maggiorenne, e neppure sfigurando. Ma dal non far brutta figura ad essere un giovane Vettel o un nipote degno di zio Ayrton, ce ne passa.
Fatto sta siamo qui a parlarne perché un’operazione che trasuda di storia e denari offerti alla Williams che sta alla vecchia Williams esattamente come Bruno sta allo zio, è un’operazione che non può essere ignorata. Senna junior sulla Williams che fu l’ultima macchina di Ayrton, per di più motorizzata Renault proprio come quella di Ayrton, rappresenta una storia declassata quanto succosa. E fa tenerezza ascoltare le parole di Bruno intervistato sul tema quando a domanda risponde «sarà molto interessante» perché «nella vita tutto succede per un motivo». Quanto alla «mia famiglia non ha un atteggiamento negativo» anzi - sembra dire dimenticando in fretta e furia quando, dopo la morte dello zio, fecero sparire go kart e similari dalla fazenda - anzi «tutte le persone che mi sono vicine, ora sono contentissime. Ho parlato con i miei nonni prima ancora di dirlo a mia madre: mia nonna era contentissima, mio nonno si è fatto una grossa risata. Tutti sorridono, tutti hanno lavorato sodo per arrivare a questo punto: siamo uniti e siamo felici». E il paragone con lo zio «è qualcosa con cui ho dovuto fare sempre i conti nella mia carriera».
Buona l’ultima. A quest’ultima frase è doveroso credere, solo a questa. Ma che il nonno si sbellichi dalle risate per il nipote è un tantito hard. Plausibile, invece, che la famiglia ci abbia fatto il callo. In fondo, Bruno è in F1 da un paio di anni, zero soddisfazioni con la Hrt nel 2010, quasi zero nel 2011 visti i due punti dignitosamente acchiappati a Monza al volante di una Lotus-Renault. Anche questa, a ben vedere, un’ex monoposto dello zio: quella con cui vinse la prima corsa in carriera, in Portogallo, sotto il diluvio, anno millenovecentottantacinque. Ricordo ben diverso rispetto a quello associato alla Williams e a Imola, suvvia.
Ma questo non pare importare a Senna jr, tant’è vero che fa quasi tenerezza quando aggiunge «alcune delle persone in squadra hanno lavorato con lo zio e sono felice che mi diano la possibilità di mettermi alla prova... e mi auguro che, assieme, sapremo rispolverare dei bei ricordi e crearne di nuovi per noi».
Quali sarebbero i bei ricordi da rispolverare? Ayrton, in Williams, non vinse una sola gara; Ayrton rimase più o meno col volante in mano all’entrata della curva del Tamburello; Ayrton non riusciva quasi a entrare nell’abitacolo di quell’ottima e però estremissima monoposto concepita da un già calvo e già genio Adrian Newey. L’unico ricordo vero e crudo e tragico che resta di Ayrton sulla Williams è quella ripartenza di Imola ’94 e lo schianto.

Punto.

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