Seno e "lato B", boom delle curve pericolose

Il fascino non è un’esclusiva delle magre. Per provarlo due giornaliste hanno raccolto in un libro tutti i segreti sfruttati dalle donne con qualche chilo in più per riconquistare la ribalta. E i trucchi per piacersi allo specchio

Seno e "lato B", boom delle curve pericolose

È un libro sulle «curve», ma l’automobilismo non c’entra. Le «curve» in questione non sono infatti quelle spigolose dei tornanti di montagna, ma quelle - molto più morbide - dei «dossi» femminili. Donne «burrose» si diceva un tempo, donne «curvy» si dice adesso in maniera, forse, meno soave ma più sinuosa. Ed è proprio questo il titolo del libro di Daniela Fedi e Lucia Serlenga, esperte di moda e costume del «Giornale». Qui di seguito, per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo stralci dei capitoli dedicati ai segreti del seno perfetto e alla formula che matematica per identificare il «lato B» ideale.

Daniela Fedi - Lucia Serlenga

Il più famoso è a mandoli­no ma quello a cle­ssidra risul­ta imbattibile sulle proporzio­ni, mentre sul modello a pop­pa si potrebbe anche appog­giare un vassoietto con due tazzine. Per tutti gli altri il grande suggeritore sembra essere un fruttivendolo: a me­la, ad arancia (senza buccia, per carità) ad albicocca (pic­colo ma sincero) a pera e da qui in poi precipitando in una specie di orto degli orrori con quelli a melanzana oppu­re a zucchina. In realtà il sede­re ha la forma di un cuore ro­vesciato, per cui non contano tanto le dimensioni, quanto l'armonia che riesce a creare in quella sua posizione strate­gica a­metà strada tra la schie­na e le gambe. Su questo pun­to c'è poco da fare: la brutalità del detto «guardati dal tasso e dalla donna col culo basso» ha un suo profondo perché. Non a caso Fidia fece ricorso alla cosiddetta proporzione aurea sia per scolpire le sue celebri statue, sia per sovrin­tendere ai lavori del Parteno­ne su richiesta di Pericle. Tra l'altro i polizieschi canoni estetici dei greci trovano ri­scontro nei più moderni stu­di scientifici. Per esempio nel 1993 Devendra Singh, profes­sore di Psicologia Evolutiva presso l'università del Texas, ha scoperto che per i maschi niente è più seducente di un lato b che rispetti una propor­zione tra vita e fianchi di 70 a 100. In pratica il punto vita de­ve essere i tre quarti della cir­conferenza delle anche per­ché gli uomini siano tanto ir­resistibilmente attratti da arri­vare a metter su famiglia. Del resto dopo la scoperta dello studioso statunitense di origi­ne indiana numerose indagi­ni scientifiche hanno stabili­to che le donne con più curve sono fertili prima e in modo più intenso rispetto a chi ha un fisico più lineare. Resta da capire se la felice proprietaria di un bellissimo sedere si pre­ferisca nei panni di moglie e madre o in quelli, molto più succinti, di pin up. In ogni ca­so questa è un'altra storia ri­spetto alla marea di studi più o meno seri sull'argomento in questione. Per esempio un gruppo di ricercatori america­ni nell'estate 2010 ha senten­ziato che le donne con un po­­steriore abbondante hanno meno memoria delle altre. In particolare quelle con la for­ma a mela otterrebbero risul­tati migliori nei test cognitivi rispetto alle poverine dotate di forma a pera. Molto più di­vertente la ricerca di David Holmes dell'Università di Manchester che indagando sull'evoluzione della specie (Darwin ha detto molto, non tutto) ha elaborato la formula del sedere perfetto: (S+C) x (B+F) : (T-V)= 80. S sta per Shape, ovvero for­ma (da 1 a 5 punti) C sta per Circularity, la ro­tondità delle natiche (da 1 a 4) B sta per Bounchiness, os­sia il fattore di rimbalzo (da 1 a 5) F sta per Firminess, la com­pattezza della natica (da 1 a 4) T sta per Texture, la struttu­ra della pelle al tatto (da 1 a 4) V sta per VHP, cioè Vertical Hip Proportion, la proporzio­ne verticale rispetto ai fianchi (da 1 a 4). Se il punteggio finale è meno di 61 bisogna fare con urgenza qualcosa: ginnastica, massaggi, liposcultura e, nei ca­si più disperati, in­terventi di chi­rurgia plastica. A 80 punti sia­mo come Jen­nif­er Lopez pri­ma della na­scita dei suoi due gemel­li. A que­sto punto sarebbe giusto par­lare di quadratura del cerchio, ma i manuali di anato­mia spiegano che le natiche maschi­li sono iscrivibili in un quadrato, mentre quelle femminili devono rientrare in una circonferenza. Tutta­via nel disgraziato caso delle cosiddette culotte de cheval, la più perfetta delle figure ge­ometriche si trasforma nelle classiche parentesi tonde che nei compiti di matemati­ca come nella vita in genera­le, bisogna sempre elimina­re per prime. D'altro canto Oscar Wilde diceva che un fondoschiena veramente ben fatto è l'unico legame tra arte e natura. Quest'ultima vince e convince con un dato di fatto: il sedere distingue i primati dagli altri mammife­ri. Solo gli appartenenti all'or­dine più evoluto (primates viene da primus, migliore e secondo la classificazione del Linneo riguarda l' homo sapiens , le scimmie e i lemu­ri) possiedono quelle due co­se­chiamate natiche su cui se­dersi senza appoggiare il proprio peso sugli arti inferiori. Non è dato sapere se viene o meno da qui la colorita espres­s ione «avere culo», ma cer­to è una bella fortuna potersi sedere. Rispetto a questo tut­to il resto sembra francamen­te letteratura. Tutto sulle tette Piccole e tonde come le mele del Trentino o grandi e morbi­de come i meloni siciliani? Ci sarebbero anche quelle a pera che in natura indicano una qualche parentela genetica con Josephine Baker perché ti­piche delle donne di razza ne­groide. Purtroppo con l'andar del tempo questa forma inte­ressante tende a modificarsi in malo modo e dalle pere ci si ri­trova con le orecchie da coc­ker. Stiamo parlando di tette, croce e delizia di ambo i sessi soprattutto quando si affronta il problema delle dimensioni. Nella maggior parte dei casi i maschi si dicono attratti dalle maggiorate mentre le donne si dividono in due categorie: quelle disperate perché i timi­di tentativi nelle loro magliette adolescenziali sono rimasti ta­li fino alla menopausa, oppure quelle sinceramente stufe di portarsi dietro (anzi: davanti) due palloni che sballonzolano in lungo e in largo. Gli speciali­sti danno ragione a tutti. Psico­logi e psicoanalisti spiegano l'attrazione per le tettone con una solenne banalità: carenze affettive, la nostalgia del seno materno, il bisogno di morbi­dezza visto che la vita è molto dura. Invece gli stilisti sosten­gono che vestire con eleganza una donna pettoruta è difficilis­simo: ci vogliono pinces, tagli in sbieco e accorgimenti sarto­riali d'ogni tipo. Ecco perché si contano sulla punta delle dita le modelle con tanto seno e tranne nei casi di Naomi Cam­pbell e di Helena Christensen non siamo neanche certi che quelle poche siano tutte natu­rali. Non mancano poi i vecchi diktat per cui la misura ideale starebbe in una coppa di cham­pagne oppure nella mano di un gentiluomo. Questi para­metri sono del tutto inaffidabi­li: come la mettiamo se al po­sto delle coppe abbiamo un bel servizio di flûte e se i nostri partner hanno mani secondo i casi troppo grandi o troppo pic­cole? I manuali di chirurgia estetica dicono invece che la di­s­tanza ideale tra i capezzoli de­ve essere di circa 18 centime­tri, mentre per capire se un se­no ha o meno bisogno di ritoc­chi, basta appoggiare una ma­tita in orizzontale sotto alle mammelle di una donna in pie­di con le braccia lungo il corpo. Se lo strumento da disegno ca­d­e per terra, signore mie, aspet­tatevi un invito a cena dal dot­tore, perché solo le statue di marmo possono vantare tette tanto sode. I muscoli pettorali sono infatti troppo deboli per sostenere il peso delle ghian­dole mammarie. Possiamo esercitarli quanto vogliamo, ma alla fine vince la legge della gravità.

Comunque sia è davve­ro improbabile che un uomo sul più bello tiri fuori righello e matita per fare i rilevamenti chirurgici del caso, mentre di sicuro molti restano sconcerta­ti davanti all'inn­aturale immo­bilismo di certe protesi al silico­ne. Che non esplodono in volo contrariamente a quanto so­stengono alcune leggende me­tropolitane, ma restano ferme e imperturbabili come le facce dei presidenti americani nel monte Rushmore (...).  

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