Una sentenza assurda: la truffa dell'articolo 18

Il tribunale ordina il reintegro del lavoratore che ha contestato Bonanni mentre era assente per indisposizione

Una sentenza assurda: la truffa dell'articolo 18

Roma - Ce l’ha fatta per il rotto della cuffia Damiano Piccione. E stato reintegrato sul suo posto di lavoro proprio nel giorno in cui è partito il conto alla rovescia sull’articolo 18. Se il suo processo fosse andato per le lunghe la sua vicenda avrebbe potuto prendere un’altra piega. Ad esempio gli avrebbero proposto un indennizzo. E invece rischia di diventare l’ultimo beneficiato dallo Statuto.
Ma anche se ce ne fossero altri, passerà agli annali come il contestatore dei sindacati che si è salvato per le resistenze degli stessi sindacati a cambiare la legge sui licenziamenti. Questi i fatti. Ieri il tribunale del lavoro di Torino ha dichiarato illegittimo il licenziamento di Piccione, trentaduenne, manutentore della ditta di costruzioni stradali Itinera. Nel settembre del 2010 fu fotografato e ripreso dalle televisioni nel gruppo che organizzò la contestazione al segretario generale della Cisl alla festa dell’Unità di Torino. In quell’occasione Raffaele Bonanni fu anche bersagliato con un fumogeno. Piccione non c’entra niente. Per quel fatto fu accusata la figlia di un magistrato, ma quella è un’altra storia.
Il fatto è che Piccione, proprio in quel giorno, risultava in malattia. L’azienda se ne accorse e, pochi giorni dopo il blitz anti Bonanni dei centri sociali, si vide recapitare una lettera che gli comunicava il licenziamento, visto che dalle immagini non sembrava esattamente malato.
Ieri, in tempi davvero rapidi (e almeno per questo i datori saranno riconoscenti, uno dei nodi dell’articolo 18 è la lunghezza delle cause) i giudici di Torino lo hanno reintegrato, proprio applicando l’articolo 18. Per conoscere le motivazioni bisognerà aspettare ancora un po’. La tesi dei suoi difensori è che la patologia di cui soffriva non gli permetteva di compiere sforzi ripetuti durante il servizio, ma non di svolgere le normali attività della vita quotidiana. Compresi i blitz ai sindacati, quindi.
Lo stesso Piccione ieri ha colto la coincidenza tra la sua vicenza privata e la trattativa per la riforma del lavoro, che vede tra i protagonisti proprio il segretario della Cisl che lui contestò. «Sono molto contento», ha detto ieri alle agenzie che hanno dato notizia della sentenza. «Se non ci fosse stato», l’articolo 18, «avrei ricevuto solo un indennizzo ma non avrei più avuto un lavoro».
Il percorso della riforma effettivamente va avanti. Ma sull’articolo 18 è ancora stallo. Il ministro del Lavoro Elsa Fornero ieri ha ricevuto Susanna Camusso. Poi, il segretario della Cgil, con Bonanni della Cisl, il leader della Uil Luigi Angeletti e Stefano Cetica dell’Ugl, hanno incontrato la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. Ora toccherà ad alcuni approfondimenti di natura «tecnica», ma resta fuori dal confronto proprio l’articolo 18. Per questo iIl governo potrebbe realizzare la riforma dei contratti, degli ammortizzatori e del mercato del lavoro in un provvedimento, lasciando la norma dello Statuto in una corsia a parte. Sembra esclusa la strada del decreto. L’articolo 18 potrebbe finire in un disegno di legge che impegnerà il Parlamento e creerà ulteriori grattacapi alla sinistra, costretta in qualche modo a fare opposizione, a meno che la Cgil faccia marcia indietro. Ma è altamente improbabile.
Tutti i protagonisti della trattativa ieri hanno ostentato ottimismo. Il ministro Fornero ha detto che la strada che conduce all’intesa è «un sentiero largo». Marcegaglia ha parlato di un clima «positivo» con i sindacati. Bonanni ha sottolineato come su «alcuni argomenti» i sindacati sono uniti. Uniti anche nella risposta ai tanti che hanno chiesto lumi sull’articolo 18: «no comment».
La riforma modificherà anche il sistema degli ammortizzatori sociali.

E su questo fronte ieri l’Istat ha registrato una diminuzione in gennaio delle ore autorizzate di cassa integrazione. Quella ordinaria del 9,5%, straordinaria del 34,7%. In calo anche quella in deroga (26,3%), che probabilmente sarà cancellata dalla riforma.

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