Sentenza Mondadori, tsunami sulla Borsa

La sentenza per danni di 750 milioni a favore di Cir di Carlo De Benedetti decisa dal giudice unico del tribunale civile di Milano a carico di Fininvest, data l’enormità della cifra è una specie di tsunami che si può abbattere sulla Borsa e sulla finanza italiana, coinvolgendo il resto del listino. Ciò in relazione al modo con cui Fininvest potrebbe pagare la somma in questione, vendendo sue partecipazioni o sottraendo loro liquidità e indebitandole. Non le elenco per non dare un contributo involontario a tale onda speculativa.
Questa sentenza ha anche effetti sconvolgenti per la concorrenza, nel settore editoriale di libri e periodici. Infatti Mondadori fa utili mentre il gruppo Repubblica Espresso ha un bilancio di soli 7 milioni di profitti, praticamente prossimo allo zero con la divisione periodici in perdita e il gruppo Rizzoli Rcs ha un utile di soli 20 milioni. Cito questi dati anche perché essi gettano un grosso dubbio sulla correttezza economico-finanziaria della valutazione del magistrato di Milano, come fra un attimo spiegherò. Ciò anche ammettendo che l’ingegner De Benedetti abbia tutte le ragioni per sostenere che egli aveva diritto a tenersi il gruppo Mondadori, sulla base della tesi per cui nella sentenza di Corte di appello favorevole a Berlusconi ci sarebbe stata corruzione di una parte dei magistrati.
Infatti da una corruzione (presunta) di una parte della Corte non segue che tutta la Corte sia stata corrotta. E dal fatto che ci sia stata una corruzione non segue che la sentenza sia ingiusta. Infatti, si possono comprare i magistrati corruttibili allo scopo di evitare che altri li comprino. Ciò a parte il fatto che io, figlio di un magistrato e nipote di due magistrati (il nonno di cui porto il nome e il fratello di mia madre) conoscendo la categoria faccio molta fatica a credere a questa tesi. Posso credere di più alla tesi per cui una parte dei magistrati ora sono politicizzati, perché i miei familiari ed io ne siamo stati spettatori sconcertati man mano che emergevano le nuove leve politicizzate.
Entro nel merito e dimostro perché il calcolo del danno di 750 milioni è sbagliato. La sentenza non condanna Fininvest a risarcire un danno concreto, oggetto di perizia, come il valore che aveva il gruppo Mondadori, nel 1991 quando fu attribuito a Berlusconi. In effetti Mondadori era allora in rosso. La sentenza fa riferimento a un danno presunto, immaginario, consistente nella «perdita di chance di un giudizio equo» da parte della Cir di De Benedetti, privata del gruppo Mondadori. Ciò è errato e fantasioso, per tre ragioni. Innanzitutto questa cifra è superiore al valore attuale del gruppo Mondadori, cioè all’unico valore concreto di quella chance. In secondo luogo il ragionamento adottato non sta in piedi. Infatti esso consiste nella perdita di opportunità, che fu, a suo tempo, stimata dalla Cir in 458 milioni, rivalutata sulla base degli interessi composti. Ma da dove sbuca la cifra di 468 milioni, dato che allora Mondadori era in rosso, che ora il gruppo Espresso Repubblica, a cui la Mondadori potrebbe appartenere secondo la sentenza milanese, è anche esso in rosso nel settore periodici?
Terzo: il metodo di rivalutazione adottato per attualizzare la somma di allora in euro 2009 è una vera cantonata. Si tratta degli interessi composti. Questo è un calcolo che va bene per una somma di denaro messa in una banca sicura o in titoli sicuri, non per una opportunità economica. Le opportunità economiche non crescono nel tempo in base agli interessi composti, ma in base alle vicende dei rispettivi settori economici e delle economie a cui si riferiscono. Il Pil italiano, data la scarsa crescita registrata negli ultimi due lustri e la flessione dell’ultimo biennio è ora pari a quello del 2001. Al tasso di interesse del 2,5% il nostro Pil attuale sarebbe del 28% maggiore di quello del 2001.
Non so da che anno parta il calcolo del magistrato di Milano e quali interessi composti usi. Ma dall’esempio che ho fatto, risulta che esso è un calcolo assurdo. Lo è soprattutto per i gruppi editoriali della carta stampata che fanno i ricavi con le vendite e la pubblicità. Queste non seguono la legge degli interessi composti legali o di mercato, ma una legge di crescita (o decrescita) media che, nell’ipotesi più ottimistica, è legata alla dinamica del Pil. Ciò astraendo dalle capacità imprenditoriali e dalle sinergie dei gruppi considerati, che possono generare una crescita superiore alla media o inferiore ad essa.

Introducendo tale fattore soggettivo, resta solo il confronto fra Mondadori, collocata nel gruppo Fininvest e il gruppo analogo collocato in Espresso Repubblica. E non mi pare che riferendosi al primo si arrivi a questa cifra, mentre arrivando al secondo si vede il rosso del settore periodici, cioè non opportunità ma problemi.

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