Per la Corte di Giustizia Europea non possono esistere normative a carattere nazionale che vietano «lesercizio, laccettazione e la trasmissione di proposte di scommesse sportive in assenza di concessione o autorizzazione». È un passo fondamentale della sentenza, emessa martedì scorso in Lussemburgo, che dice tutto e il contrario di tutto: da un lato condanna la «restrizione della libertà di stabilimento e di libera circolazione dei servizi», dallaltro lascia ai giudici nazionali il compito di verificare «se la normativa italiana, in quanto limita il numero di soggetti che operano nel settore dei giochi dazzardo, risponda realmente allobiettivo mirante a prevenire lesercizio delle attività in tale settore per fini criminali o fraudolenti». In un altro passo i giudici affermano che non si possono escludere dal settore dei giochi dazzardo gli operatori quotati in Borsa.
Si ha limpressione che il cosiddetto Caso Placanica, in larga parte legato al bando del 1999, sia superato dai nuovi eventi. È di questo parere Giorgio Tino, presidente di Aams, che sè soffermato sulla vicenda nel corso della convention svoltasi ieri mattina a Roma per celebrare gli 80 anni dei Monopoli: «La sentenza della Corte di Giustizia Europea ha di fatto confermato la bontà del sistema italiano dei giochi soprattutto in merito ai mezzi a disposizione degli organi nazionali per la tutela dei giocatori. Si tratta, in ogni caso, di un pronunciamento superato dagli eventi ed in particolar modo dall'ultima gara. Con questo bando Aams ha offerto a tutti gli operatori la possibilità di entrare nel nostro mercato dalla porta principale. Stupisce che una società inglese cerchi di far passare questa sentenza come una vittoria commettendo un clamoroso errore di valutazione».
In linea con le considerazioni di Tino il pensiero di Francesco Ginestra, presidente di AssoSnai: «La sentenza sul Caso Placanica conferma il precedente orientamento della Corte di Giustizia stabilendo, ancora una volta, che la regolamentazione in atto in Italia risponde ai requisiti di interesse generale di uno Stato membro rispetto ai principi di libera circolazione dei servizi previsti dal trattato CE».
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