Senza Berlusconi il Pdl perde punti, Walter vince solo se «uccide» il Pd

RomaEsattamente una settimana fa erano le presidenziali statunitensi ad avere a modo loro «rilevanza nazionale», perché - spiegava Veltroni durante l’happening del Pd in onore di Obama - la ventata riformista che arriva dagli States «creerà le condizioni per un ritorno alla vittoria del centrosinistra in Europa». E a leggere il susseguirsi dei dispacci d’agenzia che celebrano con l’entusiasmo dei giorni migliori la vittoria di Dellai alla provincia di Trento, pare quasi che la «profezia» si sia avverata. Ancora una volta con una tornata elettorale che, giura il leader del Pd, certifica «un cambiamento di clima politico e sociale nel Paese» e «non può non avere rilevanza nazionale». Poco importa che Dellai sia già al terzo mandato e che mai il centrodestra abbia governato in Trentino. Che, va detto, per la sue specificità storiche e culturali tutto può essere fuorché test nazionale. Al punto che il Viminale non solo non stampa le schede elettorali ma è pure del tutto tagliato fuori dalla gestione delle elezioni.
Il vero «cambiamento di clima politico» che ha fatto registrare il voto di ieri, insomma, pare piuttosto il definitivo tradimento dello spirito che aveva animato il discorso del Lingotto. Dopo aver ceduto alla piazza del 25 ottobre e aver poi cavalcato la protesta anti Gelmini, infatti, Veltroni ha dovuto fare un’ultima concessione. Non solo ha imbarcato vecchi pezzi di sinistra - come i verdi - ma ha sancito anche l’asse con l’Udc di Casini. Tanto che l’ala margheritina del Pd ha già aperto il dibattito sulla necessità di «guardare al centro».
Preso atto che il Trentino non è l’Ohio (parafrasando le cautele di Parisi), va detto che il voto di ieri è comunque un campanello d’allarme per la maggioranza. Almeno sotto tre diversi punti di vista. Il calo del Pdl, intanto. Che è stato deciso, tanto che s’è fermato al 12,2% e s’è visto scavalcare dalla Lega (14%). E qui sta il secondo warning. Perché il leghista Divina avrà pur perso la corsa alla presidenza ma è riuscito a trainare voti sul Carroccio mettendolo nella condizione di poter rilanciare sul tavolo delle regionali di primavera. Non a caso Bossi ha accolto con un certo entusiasmo il risultato di Trento, con lo sguardo già rivolto alle amministrative. Dove la Lega - è un vecchio pallino - chiederà suoi candidati alla presidenza delle tre regioni del Nord: Lombardia, Veneto e Piemonte. «Sono sicuro che con Berlusconi troveremo la quadra», chiosava ieri il Senatùr lasciando intendere che un candidato governatore è per il Carroccio il minimo sindacale. La trattativa, dunque, è sulla possibilità che sia affidata a un leghista non solo la Lombardia o il Veneto (in tutte e due la vittoria è data per certa), ma anche il Piemonte (dove la partita con il centrosinistra è invece aperta). Un tira e molla che probabilmente si trascinerà fino all’ultimo giorno utile per presentare le candidature portando la Lega su posizioni più movimentiste. Un elemento che alla lunga potrebbe creare qualche tensione nella maggioranza, soprattutto rispetto ad An.
La sconfitta di Trento, infine, certifica quella che poi è un’ovvietà: senza Berlusconi in campo il centrodestra perde buona parte della sua forza propulsiva. Per dirla con Bossi, «se ci metteva la faccia sarebbe stato tutto diverso».

Lo dimostra il passato - memorabile nel 2006 la lunga (e inutile) disquisizione teoretica sull’efficacia delle «tre punte» - e probabilmente lo certificherà il futuro, visto che chi ha parlato ieri con il Cavaliere giura sia deciso a scendere personalmente in campo per le elezioni di primavera (non solo le amministrative ma anche le europee).

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