Roma

«Senza corrente per dieci giorni a causa dell’Acea»

«Mi hanno praticamente cacciato da casa da dieci giorni. Staccandomi la corrente elettrica in modo ingiustificato per ben due volte mi hanno costretto ad andare a vivere in albergo». A denunciare l’assurda vicenda è Vittorio Russo, avvocato dello Stato, sostituto procuratore della Figc. L’avvocato è stato protagonista di una vicenda cominciata nel marzo scorso e che, come riferisce, «dopo diverse peripezie ha raggiunto il suo culmine il 18 ottobre scorso», quando si è visto «staccare la corrente elettrica».
«Ho fatto diversi solleciti e diffide all’Acea - aggiunge Russo - ma non ho mai ricevuto risposta. Possibile che per avere il dovuto bisogna ricorrere ad azioni legali? A breve infatti proporrò un ricorso dinanzi al tribunale civile per riavere il riallaccio della corrente e per chiedere i relativi danni. Sto anche valutando se sussistano eventuali responsabilità sotto il profilo penale».
Tutto ha inizio a marzo scorso, quando il legale si accorge di un errore nella lettura del contatore da parte dell’Acea. «Dopo diverse comunicazioni via fax, raccomandata e attraverso il numero verde del centralino Acea, ricevo la comunicazione dell’avvenuto conguaglio di quanto pagato in eccesso ed è sollecitato a pagare ulteriori somme, cosa che avviene nel termine stabilito». Il 19 ottobre, spiega l’avvocato, gli viene «staccata la corrente, per essere ripristinata il giorno dopo». Il tutto, secondo quanto riferisce il legale, «senza alcuna comunicazione» e «costringendomi a comprare un computer portatile per lavorare».

Il 22 ottobre «viene di nuovo staccata la corrente» e l’avvocato si vede «costretto ad andare in albergo visto che dalla corrente dipende non solo la luce, ma anche il riscaldamento, il telefono, l’acqua calda».

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