Senza fraintendimenti: se ne vada subito

Giusto domenica - due giorni fa - le squadre di calcio di serie A sono entrate in campo con una maglietta dal messaggio chiaro: «Stop alla violenza». Giusto a Catania - il 2 febbraio 2007, non secoli fa - l’ispettore di polizia Filippo Raciti fu ucciso in una delle serate più devastanti che la storia del nostro calcio ricordi. Mettendo insieme le due cose si capisce come le parole dell’amministratore delegato dei siciliani Pietro Lo Monaco non siano solo stonate, ma siano anche volgari, diciamo pure oscene.
Che Josè Mourinho abbia il gusto della provocazione è chiaro, che a volte esageri un po’ è noto, che sabato sera abbia forzato un concetto come altri allenatori avrebbero fatto («potevamo segnare più gol, vincere tre-quattro-cinque a uno») ci può anche stare. Così come ci può stare che, a parole riportate dal conduttore Sky (diciamo la verità, un pochino ad arte, ma è la regola giornalistica), Walter Zenga si sia un pochino irritato. Il concetto di Mourinho comunque era: «Il Catania, nonostante le dichiarazioni del suo tecnico, è venuto a fare muro. Io ho scelto questa formazione perché lo sapevo. Alla fine potevamo segnare più gol». È normale che un tecnico si dimentichi di aver vinto solo su autogol, è normale che l’altro si arrabbi per aver visto sminuito il suo lavoro. Finita lì, senza offesa per una città intera.


Quello che invece non può finire è lo sdegno per quanto ha detto Lo Monaco: parlare di bastonata sui denti e poi dire di essere stato frainteso virando sul cemento a presa rapida, è solo violenza gratuita anche se - come dice lui - metaforica. Violenza madre di giorni come quello del 2007: allora Lo Monaco disse che avrebbe lasciato il calcio ma non lo fece. Forse, se ci pensa bene, probabilmente il momento è arrivato.

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