Cultura e Spettacoli

«Ma senza i mercati asiatici le nostre aziende soffrirebbero»

Le risorse non sono limitate. La vera risorsa è l’uomo, la sua capacità di immaginare nuove prospettive

Il professor Carlo Lottieri è uno dei più noti esponenti del liberalismo italiano e un pensatore abituato a muoversi tra politica, filosofia ed economia.
Qual è la sua opinione sul nuovo libro di Giulio Tremonti?
«C’è una tradizione politica italiana molto creativa, anche sul piano linguistico (un nome per tutti, D’Annunzio). E in questa tradizione è possibile collocare anche Tremonti. Nel suo libro oppone liberalismo e “mercatismo”, individuando con questo neologismo “una versione degenerata del liberismo”. L’inventiva è sempre apprezzabile, ma è pur vero che liberismo è una contrazione di libero-scambismo, ovvero proprio di mercatismo».
Tremonti però si rifà anche a indirizzi economici ben precisi...
«A ben guardare, un illustre precedente del “liberismo non liberista” esiste. Sono le riflessioni, sviluppate più di due secoli, fa da Thomas Malthus, il quale, pur favorevole all’economia liberale, lanciò l’allarme sulla crescita demografica, colpevole di consegnarci a un futuro di povertà. Tremonti sviluppa un ragionamento analogo, ma non chiede meno bambini: gli basterebbe che cinesi e indiani smettessero di combattere vittoriosamente la loro battaglia contro la miseria. O almeno fossero lasciati bollire nel loro brodo da dazi di ogni sorta. Il ragionamento di Tremonti-Malthus è fallace soprattutto perché ignora ciò che fu magistralmente spiegato da Julian Simon: la prima risorsa è l’uomo. Il petrolio non era nulla fino a quando qualcuno non ne ha intuito le potenzialità, e questo è vero anche per le risorse che utilizzeranno i nostri figli e nipoti».
Quindi secondo lei la globalizzazione resta un bene?
«Dispiacersi perché la globalizzazione ha “portato in vita” più di un miliardo di asiatici significa ignorare la realtà delle nostre aziende, che senza quei mercati sarebbero a mal partito».
Nessun esito catastrofico, quindi...
«Gli stessi argomenti contro il mercato e a difesa di un ruolo accresciuto dei politici si erano sentiti negli Stati Uniti degli anni ’70. Di fronte all’ascesa del Giappone gli americani si divisero tra favorevoli e catastrofisti. Chi abbia avuto ragione lo sappiamo. Con questo non si vuol dire che non esistano problemi. Anche a causa delle tesi anti-mercatiste, l’Europa è un continente socialista che perde opportunità. Può darsi che le previsioni di Tremonti siano pure corrette...

Ma è la cura suggerita che rischia d’aggravare la situazione».

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