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Senza intervento politico l’ippica non esce dalla crisi

La legge di riordino dell’Unire all’articolo 2 prescrive l’ambito, le funzioni e gli scopi da perseguire da parte dell’ente pubblico che governa l’ippica. Un quadro preciso entro il quale l’ente deve muoversi e operare. Vorrei proporla al fine di sviluppare una riflessione su quanto ho avuto occasione di commentare in precedenti interventi sull’assoluta incongruità della convenzione in essere tra Unire e Società di corse. Per effetto della quale, per una serie di meccanismi perversi che ho cercato di esporre nei precedenti interventi, presenta a mio avviso, forti dubbi di legittimità, con l’assurdo – e qui sta l’incongruità - che il montepremi dal 2004 al 2007 ha subito una decurtazione di oltre il trenta, trentacinque per cento, al contrario le Società di corse, dai 96 miliardi del 2004, potrebbero passare ai 130 stanziati nel bilancio, sia pure provvisorio del 2007.
«L'Unire promuove l'incremento e il miglioramento qualitativo e quantitativo delle razze equine da competizione e da sella, con particolare riferimento al purosangue inglese e al trottatore italiano; organizza le corse dei cavalli e provvede alla valutazione delle strutture degli ippodromi e degli impianti di allevamento, di allenamento e di addestramento; favorisce, con opportuni stanziamenti, lo sviluppo delle attività agricole volte al sorgere di nuovi allevamenti ed al miglioramento di quelli esistenti; provvede alla programmazione dello sviluppo del settore dell'ippicoltura in tutte le sue componenti tecniche, economiche, sociali, culturali e promozionali; concorre alla tutela dell'incolumità ed al mantenimento dei cavalli sottoposti a trattamenti dopanti. Contribuisce al finanziamento degli ippodromi per la gestione dei servizi resi». Su nove righe che parlano e forse anche straparlano, visti i risultati concreti, di interventi in tutti i campi in particolare dell’allevamento con, alla fine, un inciso che dice: «Contribuisce al finanziamento degli ippodromi per la gestione dei servizi resi». Tutto qui niente di più.
Mi chiedo - ed a questa domanda la risposta dovrebbe fornirla il Commissario dell’Unire ed il ministro De Castro - come siamo potuti arrivare all’assurdo che oggi, con le convenzioni in essere, le Società comunque vadano le cose, sugli oltre centoventi milioni di euro che percepiscono complessivamente ogni anno ne debbano ricevere una buona metà garantiti comunque. Mentre invece il montepremi ad ogni stormir di fronda è stato decurtato pesantemente.
In precedenza ho parlato di minimo assicurato del montepremi, possiamo definirlo anche su base convenzionale, ma comunque ed in ogni caso l’esigenza di una norma o pattuizione che mantenga inalterata l’assegnazione dei fondi a montepremi si dimostra urgentissima ed ineluttabile.
Mi rendo perfettamente conto delle difficoltà che incontra l’attuale commissario dell’Unire Melzi d’Eril, però confermo ancora una volta che è la persona in grado di capire come stanno le cose. Credo sia la persona adatta, in grado di esercitare l’opportuna pressione politica.

Altrimenti non ne usciremo in alcun modo se non vi sarà un intervento di natura politica forte che possa portare al riequilibrio di tutto il settore nel rispetto della legge e dei suoi dettati.
*consigliere dell’Anact (Associazione

nazionale allevatori del cavallo trottatore)

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