Separazione delle carriere e Csm meno "politico". Così cambia il pianeta toghe

Allo studio anche immunità parlamentare, controlli sulla produttività dei magistrati e criteri per stabilire la priorità dei reati da perseguire

da Roma

Il Lodo Alfano è vicino all’approvazione, il blocca processi riveduto e corretto nel decreto sicurezza anche, il ddl sulle intercettazioni è in attesa alla Camera ed è stata già presentata la riforma del processo civile, mentre quelle del codice penale e di procedura penale hanno di base gli studi delle apposite commissioni. Ma c’è molto di più nel pacchetto di riforma «organica» della giustizia che gli uffici del ministero di via Arenula stanno mettendo insieme.
Punto cruciale è la separazione delle carriere tra giudici e pm, insistentemente richiesta dagli avvocati e sempre avversata dai magistrati, come ha ribadito ieri il presidente dell’Anm, Luca Palamara. Stavolta il Pdl sembra deciso a riprendere in mano la riforma Castelli dell’ordinamento giudiziario, poi annacquata da quella Mastella nella distinzione delle funzioni, per cambiare l’accesso alla professione, rendere più difficile se non impossibile il passaggio dal ruolo giudicante a quello inquirente e, magari, creare anche due Csm. «Separare le carriere - dice Niccolò Ghedini di Fi - non vuol dire sottoporre il pm al potere dell’esecutivo».
Il Csm per il centrodestra dev’essere riformato, con una legge costituzionale. Per cambiarne la composizione riequilibrando il numero di laici e togati e fissare paletti precisi per ruolo e competenze, evitando incursioni troppo politiche nel campo legislativo, come il discusso parere sul blocca processi. La sezione disciplinare, poi, dovrebbe diventare indipendente dal Csm e composta non in prevalenza da magistrati come oggi, ma anche da giuristi come ex presidenti della Consulta.
Terzo punto è l’obbligatorietà dell’azione penale. In qualche modo, la strada è già aperta dalle norme per sospendere i processi meno gravi, con l’indicazione da parte del parlamento, delle priorità di politica criminale ai magistrati, che mantengono la loro discrezionalità. Ma lì si parla di processi, ad azione penale già esercitata. Mentre per minare alle radici l’obbligatorietà, si dovrebbero indicare ai magistrati criteri di priorità proprio nel perseguire i reati. Se il tabù è caduto, il punto rimane delicato ed è ancora aperto il dibattito nel Pdl. Lo stesso Ghedini è contrario e consiglia di intervenire, invece, su codici e reati, con la depenalizzazione di alcuni e la modifica di altri. Non si andrebbe, dunque, verso l’abolizione, come spiega il ministro Alfano, ma verso un argine alla discrezionalità delle toghe.
L’immunità parlamentare è l’altra questione scottante che il Pdl vuole affrontare, forte anche di segnali positivi di esponenti del centrosinistra come Luciano Violante.

Non sarebbe lo scudo di una volta, ma sostanziali modifiche impedirebbero un’impunità totale degli eletti.
Infine, si discute di controlli sulla produttività dei magistrati, soprattutto dopo gli scandali sul ritardo nelle sentenze.

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