Sequestrati dagli iraniani 15 marinai inglesi

L’equipaggio di un peschereccio iracheno non ha dubbi: i britannici si trovavano dalla nostra parte

Forse è il nuovo atto nella sporca e segreta guerra combattuta da Stati Uniti e Repubblica islamica sul suolo iracheno. La rappresaglia dei pasdaran pronti a tutto pur di ottenere la restituzione dei cinque iraniani catturati dagli americani lo scorso gennaio dopo un’irruzione nel consolato di Erbil. A farne le spese stavolta sono, però, 15 marinai inglesi. Per loro quella di ieri mattina era una semplice missione di routine. I loro due gommoni calati dalla fregata Cornwall avevano appena finito di abbordare e controllare un mercantile diretto a Bassora. Ma nello stretto di Shatt el Arab la routine non esiste. Pochi minuti dopo si ritrovano bloccati e circondati da alcune motovedette dei pasdaran. Consapevoli di esser nel mirino di cannoncini e mitragliatrici non possono che abbassare le armi individuali e salire sulle imbarcazioni iraniane.
I vertici della marina britannica non hanno esitazioni nel sostenere che l’incidente sia avvenuto all’interno delle acque territoriali irachene, come del resto testimoniato dall’equipaggio di un peschereccio iracheno. «Non ho assolutamente dubbi, erano sicuramente in acque irachene, ma so bene che gli iraniani potrebbero sostenere di aver agito rispettando i propri limiti territoriali» ricorda l’ammiraglio Nick Lambert comandante della missione della coalizione incaricata, sulla base di una risoluzione Onu, del controllo dello stretto. In quell’imbuto di mare e paludi dove negli anni Ottanta si combatterono fasi feroci della guerra tra Iran e Irak le acque territoriali sono, in effetti, un concetto ancora da definire. Almeno per gli iraniani. Così è stato facile per Teheran sostenere, come puntualmente è avvenuto ieri sera, la tesi dello sconfinamento e della “giustificata” cattura come avvenne nel 2004 dopo l’analogo “prelevamento” di sei marines e due marinai britannici. In quel caso il gruppetto, rilasciato dopo tre giorni di detenzione, fu costretto ad ammettere lo sconfinamento davanti alle telecamere della Tv di Stato.
Questa volta però la situazione è più seria. Al Palazzo di Vetro di New York - dove era atteso a giorni lo stesso presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, che però ieri ha annunciato a sorpresa la rinuncia al viaggio, ufficialmente per ritardi nella concessione del visto da parte degli Stati Uniti - il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si prepara a votare nuove sanzioni rivolte a bloccare la minaccia nucleare iraniana. In Irak la Casa Bianca ha gia dichiarato guerra alle ingerenze iraniane, auspicando l’arresto o l’eliminazione degli agenti iraniani sospettati di azioni eversive. Nel Golfo Persico si preparano da mesi scenari di guerra. In quelle acque incrocia una task force marittima statunitense forte di due portaerei, di varie navi d’appoggio e oltre 6.500 fra marines e marinai statunitensi. Non è ancora una forza di sbarco, ma certo è una task force pronta a mostrare i muscoli nel caso di estrema provocazione iraniana.
Certo il ratto dei quindici marinai - pur non potendo venir considerato un semplice sgarbo - non basta ancora per ipotizzare una reazione immediata. Sia Londra sia Washington continuano a sperare in una provocazione incontrollata, ma temporanea, l’azione di un gruppo di pasdaran fuori controllo favorita dal torpore istituzionale per le festività del nuovo anno iraniano iniziato il 21 marzo scorso. Stamattina, però, ministeri e comandi militari riapriranno e Teheran non potrà più far finta di non sentire e ignorare la relazione dell’ambasciatore iraniano a Londra. Il diplomatico convocato al Foreign Office subito dopo la cattura dei marinai è stato immediatamente informato, con britannica cortese fermezza, delle possibili e indesiderabili conseguenze in caso di prolungata detenzione. «Di certo non gli abbiamo lasciato dubbi sul fatto di volerli indietro quanto prima» ha fatto notare con understatement tutto inglese il segretario agli Esteri Margaret Beckett.
Se questa mattina la macchina diplomatica iraniana continuerà a non dare risposta la situazione rischia dunque d’ingarbugliarsi.

A quel punto potrebbe risultare convincente lo scenario di quanti sono pronti a scommettere su una rappresaglia dei pasdaran in risposta alla cattura dei cinque iraniani a Erbil, alla sparizione di un sottosegretario d’ambasciata a Bagdad e alla probabile diserzione di un ex vice ministro della Difesa iraniano volatilizzatosi a Istanbul. Scenario inquietante perché, nell’attuale clima di tensione, è assai difficile prevedere la risposta di Washington e Londra di fronte a una richiesta di scambio che potrebbe venir definita sfrontata e inaccettabile.

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