Sequestro Afghano tenuto 8 giorni nel frigo col kebab

Era arrivato a Roma dalla Germania con la certezza di trovare un lavoro stabile, è finito invece nelle mani di quattro aguzzini turchi che lo hanno sequestrato a scopo di estorsione. Il cittadino afghano liberato lunedì pomeriggio dagli agenti della sezione criminalità organizzata della squadra mobile, era stato tenuto per otto giorni prigioniero nella cella frigorifero di una pizzeria-kebab di viale Trastevere. Era stato rapito per ottenere il pagamento di 20mila euro di riscatto. La somma, hanno appurato gli investigatori, doveva essere versata alla banda da un conoscente della vittima che doveva saldare un debito contratto qualche tempo fa.
Per giorni l’afghano, 34 anni, originario di Kabul, separato con quattro figli, è stato minacciato di morte, seviziato con secchiate di acqua fredda e scosse di energia elettrica, rinchiuso in uno stanzino e nutrito con pane e olive. «Anche se il riscatto fosse stato pagato, mi avrebbero ucciso», ha detto ai poliziotti che lo hanno liberato. Un sequestro anomalo, un’indagine ancora da concludere. L’uomo fino a qualche tempo fa lavorava in un’impresa di costruzione di Dresda, in Germania. Lì aveva conosciuto uno dei suoi carcerieri, S.M., un curdo di 20 anni. I due si erano persi di vista alcuni mesi fa, quando il ragazzo dalla Germania si trasferì a Roma. A metà febbraio il curdo ha telefonato all’afghano per offrirgli un posto di lavoro, nella pizzeria di un suo connazionale al centro della città. Era una trappola: sapeva che l’afghano era disoccupato e che aveva bisogno di denaro. E infatti la vittima si mise immediatamente in viaggio con due amici alla volta della capitale. Arrivato a viale Trastevere, ha conosciuto il suo destino. È entrato nella pizzeria che si trova poche decine di metri da piazza Mastai ed è stato subito aggredito e immobilizzato da quattro individui. Prima di rinchiuderlo nella cantina i rapitori gli hanno permesso di chiamare gli amici che lo avevano portato a Roma: «Mi hanno rapito, mi liberano per 20mila euro». Disse anche di non sapere il perché lo avessero rapito. Il capo della banda infatti prendeva i soldi non dal rapito o dai suoi familiari, ma da un conoscente comune rimasto in Germania, che da tempo aveva fatto perdere le tracce. I due amici hanno avvisato la polizia solo quando sono rientrati in Germania, i poliziotti tedeschi hanno avvisato i colleghi italiani e così sono iniziate le indagini. Per qualche giorno gli agenti della mobile hanno tenuto d’occhio la pizzeria di Trastevere, hanno sorvegliato il titolare (A.N., un turco di 34 anni), hanno pedinato altri suoi due compatrioti di 29 e 35 anni e ascoltato le telefonate del cittadino curdo. Quando hanno avuto la certezza che il sequestrato era tenuto lì, sono entrati in azione. I quattro, incensurati e rifugiati politici, sono stati arrestati e rinchiusi a Regina Coeli con l’accusa di sequestro di persona a scopo di estorsione. L’afghano è ancora a Roma.

Presto tornerà in Germania dal fratello che si era già attivato per trovare i soldi del riscatto. Voleva vendere alcuni terreni che la famiglia possiede vicino a Kabul. «Pensavo che non ne sarei uscito vivo - ha raccontato la vittima - mi chiedevano 20mila euro ma sapevano che io non avevo soldi».

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