Roma - Emanuela Orlandi sarebbe stata uccisa e il suo corpo, rinchiuso dentro un sacco, sarebbe stato gettato in una betoniera a Torvaianica. La rivelazione, tutta da verificare, è della donna che ebbe una relazione con il boss della banda della Magliana, Enrico De Pedis, detto Renatino, e che è stata sentita nelle scorse settimane, alla presenza dei funzionari della squadra mobile, dal procuratore aggiunto Italo Ormanni e dai pm Andrea De Gasperis e Simona Maisto, titolari dell’inchiesta sulla scomparsa della ragazza.
Ristorante a Torvaianica "Renato mi portò a pranzo in un ristorante a Torvaianica, da 'Pippo l’Abruzzese' - racconta -. Lui aveva un appuntamento con questo Sergio (che, a suo dire, faceva da autista a Renato ndr) il quale portò quel bambino: Nicitra; il nome non me lo ricordo. Portò, dice lui, il corpo di Emanuela Orlandi. Io non lo so che c’era dentro (i sacchi, ndr) perché rimasi in macchina. Dice che, però, era meglio sterminare tutto, lui la pensava così. Sterminare tutto così non ce stanno più prove, non ci sta più niente. Lui mi disse che dentro a quella betoniera ci buttò quei due corpi. Poi, non lo so, insomma".
Il cantiere Sollecitata a essere più precisa dal pm Maisto, la donna spiega che "c’era un cantiere lì vicino, come dire, una cosa in costruzione. Noi riprendemmo tranquillamente la macchina e pensavo di dirigermi verso Roma. Lui mi disse: 'Gira qui, vai lì''. Disse: 'Stanno costruendo'. Dico: 'Che me devo fermà a fa'?'. Dice: 'No, qui stanno a costruì delle case delle persone che conosco, sta a costruì un palazzo o a ristrutturare, non mi ricordo'. E da lì a poco mi disse: 'Fermate qua!'. Mi fermai e arrivò Sergio con la sua macchina e ad un certo punto misero in moto la betoniera.
I due sacchi Vidi Sergio con una sacco per volta… e dopo chiesi a Renato: 'Aho, ma che c’era dentro a quello…'. 'Ah, è meglio ammazzalle subito, levalle subito le prove', dice. E chi c’era?. Dice: 'Che te lo devo dì io!'. Poi, io andai a casa e spinta dalla curiosità, le dico la verità, lo feci pippà Renato, perché poche volte l’ha fatto… sniffare, insomma. Però quando lo faceva ce stava due o tre giorni… spinta proprio dalla curiosità di voler sapere e lui me lo disse. Cioè lui mi disse queste cose".
Le prove E ancora il pm Maisto: "Dunque, esattamente le disse?" La donna: "Le prove si devono estirpare…". Lui usava molto questa parola: 'dall’inizio, dalla radice'. Non lo so se ’sta ragazza aveva visto qualcuno; Non essendoci più né i corpi, né niente, era meglio togliere di mezzo tutto, la parola tua contro la mià, diceva lui". Il procuratore aggiunto Ormanni: "Quindi, in questi due sacchi, in uno ci sarebbe stato il figlio di Nicitra e nell’altro ci sarebbe stata Emanuela Orlandi?". Risponde la testimone: "Lo stesso giorno arrivò con questi due sacchi. Ce li aveva in macchina Sergio, dentro questa Audi bianca".
Ricordi confusi Il racconto della donna andrà verificato, tra l’altro, per quanto riguarda le date, anche se la teste premette di non essere in grado di essere puntuale ("le dico la verità, io sto in una comunità terapeutica, ho fatto uso per tanti anni di cocaina, psicofarmaci, insomma, un po' di tutto, non mi sono fatta mancare niente, per cui i miei ricordi sono anche… Cioè, io magari un giorno mi ricordo nitidamente una cosa, ci ripenso dopo qualche giorno e me la ricordo un po' così, poi mi ritorna in mente una frase…).
Quelle date da controllare La donna riferisce che la sua relazione con De Pedis iniziò nella primavera inoltrata dell’82 e andò avanti fino a novembre ’84. Quindi, Renatino venne arrestato e lei lo avrebbe rivisto dopo la sua uscita dal carcere nell’87. Di Emanuela Orlandi si persero le tracce il 22 giugno dell’83. Domenico Nicitra, il bambino di 11 anni, figlio di Salvatore, imputato al processo per i delitti commessi dalla banda della Magliana, scomparve il 21 giugno 1993 assieme allo zio Francesco, fratello del padre. E De Pedis in quell’epoca era già morto: venne ammazzato il 2 febbraio del ’90.
"Prelevata su ordine di Marcinkus" La Orlandi sarebbe stata prelevata da De Pedis su ordine di monsignor Marcinkus, all’epoca presidente dello Ior. È una delle ultime rivelazioni della supertestimone. Alla specifica domanda tramite chi Renato era stato delegato a prendere Emanuela, la donna risponde: "Tramite lo Ior… quel monsignor Marcinkus… Renato ogni tanto si confidava". Sulle motivazioni del sequestro, afferma poi: "Secondo me non è stato un sequestro a scopo di soldi, è stato fatto un sequestro indicato. Io ti dico monsignor Marcinkus perchè io non so chi c’è dietro…ma io l’ho conosciuto a cena con Renato… hanno rapito Emanuela per dare un messaggio a qualcuno". La testimone sottolinea di non sapere chi materialmente prese Emanuela: "Quello che so è che (la decisione, ndr) era partita da alte vette… tipo monsignor Marcinkus… È come se avessero voluto dare un messaggio a qualcuno sopra di loro. Era lo sconvolgimento che avrebbe creato la notizia". La donna fa un paragone con la morte di Roberto Calvi: "Gli hanno trovato le mani legate dietro, perchè tu mi vuoi dare un messaggio".
"Le chiesi il nome, mi rispose: Emanuela" Circa sei mesi prima di morire, la Orlandi sarebbe stata consegnata, secondo quanto riferito dalla testimone, ad un sacerdote. Ad accompagnarla da un bar del Gianicolo fino ad un benzinaio di Città del Vaticano, sarebbe stata la stessa donna sentita dalla procura. "Le chiesi come ti chiami - ha raccontato ai pm romani - Emanuela mi rispose. Era cosciente, ma non lucida. Parlava male, era frastornata, trascinava le parole, nominava un certo Paolo e mi chiese se la stessi portando da lui".
I legali della famiglia Orlandi: "E' inattendibile" "Non riteniamo attendibile quanto sarebbe stato affermato sulla vicenda Emanuela Orlandi dalla testimone ascoltata nei giorni scorsi dai magistrati della procura di Roma". È quanto spiegano i legali della famiglia Orlandi, gli avvocati Massimo Krogh e Nicoletta Piromallo. Secondo i due avvocati una delle principali contraddizioni che dimostrerebbe l’inattendibilità della testimone, sarebbe la circostanza secondo cui, come avrebbe riferito la stessa donna, il cadavere della Orlandi venne seppellito in un cantiere del litorale di Torvajanica assieme a quello del figlio di Salvatore Nicitra, la cui scomparsa avvenne circa 10 anni dopo la sparizione della Orlandi. "Aspettiamo comunque - hanno detto gli avvocati - che gli inquirenti facciano in libertà le proprie valutazioni e le proprie indagini e attendiamo eventuali sviluppi o novità su questa vicenda".
La sorella della Orlandi: "Chi sa si liberi di questo peso" "Dopo 25 anni, chi sa qualcosa di questa vicenda è ora che si liberi di questo peso, che dica quello che sa...". Così Natalina Orlandi nell’appello, l’ennesimo, che lancia dopo le nuove testimonianze raccolte dagli investigatori e dai magistrati capitolini.
"Qualcuno ha portato via Emanuela, lei non è andata via spontaneamente, siamo sicuri di questo e quindi qualcuno è davvero a conoscenza di ciò che è accaduto. Mi chiedo se non sia arrivato, e già da tempo, il momento che questo qualcuno venga fuori e si liberi la coscienza".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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