Una sera con Cincotti: «Ora finalmente sento mie le canzoni»

Ventiquattro anni e un grande talento. Si chiama Peter Cincotti, è americano di chiare origini italiane e oggi sarà all’Auditorium, sull’onda del successo di Goodbye Philadelphia. Il singolo del cantante-pianista lancia l’album East of Angel Town, il primo composto integralmente di brani originali. L’album di debutto era infatti una raccolta di standard del jazz, mentre il secondo, On the moon, alternava cover e canzoni scritte dal giovane musicista. La storia di Cincotti è quella di un ragazzo destinato a vivere con la musica. A tre anni comincia a strimpellare i tasti di un pianoforte giocattolo. «Già l’anno successivo iniziai a prendere lezioni - racconta Cincotti - e mia madre chiese all’insegnante di farmi suonare tutto quello che volevo, senza forzarmi ad apprendere la tecnica classica. Così andavo a lezione portando tutto ciò che mi piaceva, dalle colonne sonore dei film, a Il fantasma dell’opera, alla sigla del gioco Jeopardy». Con il passare degli anni, il gusto musicale di Cincotti si arricchisce e si affina. «La prima musica che mi colpì veramente - continua - fu quella di Jerry Lee Lewis. A 5 anni cominciai ad amare il boogie-woogie suonato al piano, ma essendo nato e cresciuto a Manhattan, sono sempre stato abituato ad ascoltare tante cose. Portavano me e mia sorella a sentire di tutto, dai concerti rock al Madison Square Garden, ai jazz club, agli spettacoli di Broadway». E il jazz diventa fondamentale nella formazione di Peter Cincotti, se è vero che nel 2000 vince un importante premio al «Montreaux jazz festival», per la sua versione del classico A night in Tunisia. Dopo il debutto discografico, dedicato agli standard, arriva l’album On the Moon, che dimostra la poliedricità del cantante.

«Volevo che le mie canzoni originali - dice in proposito - aprissero la strada nella scelta di un materiale poco convenzionale. Dopo il primo disco ho cominciato a comporre canzoni che hanno cambiato il mio modo di scrivere. Le canzoni che compongo ora sono vere».

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