La Sergio Tacchini è in mano ai cinesi

La marca di abbigliamento sportiva di Bellinzago nata oltre quarant’anni fa è stata rilevata dal gruppo Hembly International quotato a Hong Kong. Valore dell'operazione: 27 milioni di euro

La Sergio Tacchini  
è in mano ai cinesi

Milano - Prima è stata salvata dall’insolvenza, ora, con l’acquisto di tutti gli asset, diventa cinese. La Sergio Tacchini è stata ufficialmente rilevata dal gruppo quotato ad Hong Kong e specializzato nella distribuzione di abbigliamento, la Hembly International, che in Italia, ha già una sede in provincia di Treviso.

Che la Sergio Tacchini, la marca di abbigliamento sportiva nata su iniziativa del famoso tennista Sergio Tacchini (nel ’60 campione d’Italia) oltre quarant’anni fa, fosse stata salvata dalla bancarotta con un’iniezione di capitali proveniente da oltre la Grande Muraglia, era già cosa nota. Ma è invece di oggi la notizia che il top manager Ngok Yan Yoe ha preso ufficialmente il controllo dell’azienda di Bellinzago, spendendo 27 milioni di euro.

Il marchio Sergio Tacchini era nato inizialmente per il tennis, ma poi ha esteso le sue attività ad altri settori sportivi ed al tempo libero: uno dei suoi meriti, secondo gli stilisti, è stato quello di aver introdotto nell’abbigliamento tennistico i colori, visto che fino ad allora la "mise" in racchetta era dominata dal bianco.

Particolarmente in auge negli anni Ottanta - prediletta da campioni come Jimmy Connors, John Mc Enroe e Ilie Nastase - poi schiacciata dalla concorrenza dei colossi dello sportswear, nel 2006 su un fatturato di 100 milioni, pare che i debiti dell’azienda novarese ammontassero addirittura a 70 milioni.

In un primo momento, si era ipotizzato il suo acquisto da parte del gruppo Orlando, il fondo guidato da Pierdomenico Gallo e Gianni Mion, poi invece il 4 giugno 2007 il marchio è entrato ufficialmente nel gruppo Tacchini H4T (Hembly for Tacchini), società cinese controllata da Billy Ngok, presdiente di Hembly International Holding

Limited. L’operazione aveva fatto scalpore perché si trattava della prima volta che i cinesi riuscivano a mettere le mani su un brand italiano di fama internazionale. Ora l’acquisizione fa praticamente parte della storia.

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