
Alle origini, nel folklore nordico c'è l'omino della sabbia, il Mago Sabbiolino, che getta una magica polvere negli occhi dei bambini per farli addormentare. Ma tra quel personaggio e il Sandman di Neil Gaiman, uno degli scrittori più popolari e prolifici del mondo letterario e cinematografico, c'è un abisso. Perché Gaiman a partire dal fumetto ha trasformato questo personaggio in un tenebroso Morfeo in lotta con potenze ben più oscure e, in fondo, con la sua stessa natura. Il risultato ultimo di questa distillazione del mito è la strepitosa serie Netflix The Sandman di cui è appena arrivata l'ultima stagione che verrà messa in streaming in due pacchetti da sei puntate (uno già disponibile, l'altro lo sarà a breve, il 24 luglio).
La prima stagione era stata, per pubblico e critica, davvero fantastica. La seconda arriva dopo una produzione travagliatissima per motivi esterni e un'attesa di tre anni. La prima tornata di episodi, che copre più o meno quattro volumi del fumetto, da La stagione delle nebbie a Brevi vite ha pagato dazio proprio a queste traversie legate, per la maggior parte, alle accuse di molestie che hanno colpito Gaiman. Nel 2024, otto donne lo hanno accusato di violenza sessuale e abusi. Gaiman ha negato tutte le accuse ma nel gennaio 2025 la casa editrice statunitense Dark Horse Comics ha dichiarato che non avrebbe più pubblicato opere dell'autore e che la serie I ragazzi di Anansi, trasposizione a fumetti dell'omonimo romanzo, sarebbe stata interrotta. Nel caso di Netflix si è discusso se il fatto di ridurre lo sviluppo della serie a sole due stagioni fosse legato a questo versante giudiziario. Stesso destino, probabilmente, anche di un'altra serie, stavolta su Prime, Good Omens, che verrà conclusa probabilmente a seguito delle accuse contro Gaiman. Insomma gli dèi inferi della cancel culture hanno probabilmente condannato alla dannazione due prodotti molto belli. Nessuna presunzione di innocenza, nessuna separazione tra l'opera e l'uomo.
Ma il danno si vede anche negli episodi già disponibili su Netflix. Il lavoro fatto da David S. Goyer e Allan Heinberg è, pur nel rispetto del materiale originale, comunque quello di qualcuno di esterno e inevitabilmente più attento alle necessità produttive, senza contare che il tocco di Gaiman è inimitabile. Così la trama ha subito una bella scrematura ma soprattutto, l'ordito dei dialoghi è spesso troppo lasco, soprattutto dà l'impressione si sia andati di fretta nel tesserli.
I personaggi sono meno icastici, i nessi logici tra gli eventi a volte un po' deboli.
C'è anche una maggior attenzione al politicamente corretto, inevitabilmente. Per carità The Sandman resta un prodotto di grande qualità, soprattutto visivamente parlando. Ma gli Eterni annegano in dialoghi più minimi che minimalisti ed evocativi.