Serve un’agenzia che programmi le infrastrutture

Quando il sindaco presentò l’iniziativa, fin dall’anno scorso, ebbe a precisare che si sarebbe trattato solo dell’inizio di una nuova fase, di un nuovo modo di trattare l’ormai annoso problema della mobilità a Roma. Partiamo dal nome, forse un po’ troppo pomposo, del Piano strategico per una mobilità sostenibile: viene in mente una possibile derivazione dal famoso P.r.o.i.m.o. di rutelliana memoria, a sua volta figlio dell’urbanistica delle giunte di sinistra.
Prima di suggerire lo scenario di proposte concrete e praticabili, le due giornate dedicate all’evento non sono proprio il massimo quanto a novità, a cominciare dai nomi dei presentatori. Qualche meraviglia desta non vedere tra i relatori nessuno degli esperti esterni chiamati dal sindaco a lavorare, per mesi, sui tanti aspetti che doveva affrontare un piano della mobilità (delle persone e delle merci), esteso oltretutto a un’area per la prima volta dichiaratamente ben eccedente i confini del Comune di Roma.
L’architetto Sapio in prima fila, con tutto il gruppo di esperti esterni all’amministrazione capitolina - ingegneri, architetti, economisti, avvocati, esperti in costruzioni di veicoli e mezzi stradali, ferroviari e non convenzionali, professionisti e docenti universitari - pur non essendo stati chiamati a illustrare il proprio lavoro, hanno contribuito alla stesura di gran parte dei documenti finali. Una parte dei quali è invece frutto di materiale rielaborato dagli uffici captolini che si occupano di trasporto. Un appunto critico all’amministrazione capitolina si può muovere sul piano dello scarso ricambio culturale tra gli esperti del settore che da anni continuano a occuparsi degli stessi problemi senza mai aver ottenuto risultati di grande rilievo. I vertici del Campidoglio avrebbero dovuto far tesoro dell’esperienza della Commissione Marzano (già Amato, ex Attalì) che poteva essere l’occasione per dimostrare che con le grandi assemblee, soprattutto bipartisan, non si raggiungono mai grossi traguardi. Per giunta, a leggere i nomi dei presentatori dei documenti e il contenuto dei tre volumetti consegnati alla stampa il 28 settembre scorso, appare evidente che poco è frutto dei lavori intensi e partecipati degli esperti esterni all’uopo chiamati, mentre ciò che si legge nel rapporto finale è in larga e immeritata parte figlio riconoscibile degli stessi genitori, oltre tutto un po’ invecchiati, del famoso P.r.o.i.m.o. (Sta, Atac e Comune). Come uscirne? Non certo con la già annunciata trasformazione dell’Atac in «Agenzia per la mobilità», con tutto il suo retaggio di fallimenti pianificatori su numeri fantasiosi e inconsistenti (spesso citati a raffica come verità assolute, ma di incerta provenienza). Tra l’altro, unificando in una sola azienda di gestione le attuali Trambus e Metro, invece di ridursi, si moltiplicherebbero i costi di produzione dei servizi.


E poi, come fare tutte queste operazioni di ingegneria societaria se né all’amministrazione, né quindi al cittadino romano, sono noti numeri elementari quali: quante persone trasportano in un giorno medio i mezzi pubblici romani? Quanti di questi sono romani e quanti residenti nell’hinterland? Quanti italiani e quanti gli stranieri? Quanti sono coloro che evadono il pagamento del biglietto?
Quanto costa all’Atac e quanto al cittadino romano e italiano far viaggiare una persona in bus, in tram o in metropolitana, mediamente e sulle diverse linee? E se scoprissimo che, in certe circostanze, costerebbe meno alla collettività mandare un taxi piuttosto che un bus? Come fa il Comune di Roma, proprietario dell’Atac, a sapere se negli ultimi anni l’azienda ha migliorato l’economicità e l’efficienza dei servizi prestati?
E allora ecco una proposta concreta: cambiare metodo e uomini, mediante la costituzione di una agenzia di programmazione delle infrastrutture metropolitane, alle dipendenze politiche di un comitato interdipartimentale per la programmazione dell’area metropolitana, cui dovranno necessariamente fare capo, oltre che i trasporti, anche bilancio, ambiente, urbanistica, lavori pubblici e servizi sociali.
(*) Ingegnere, docente di Tecnica, economia e politica dei trasporti

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