L'esistenza di una contraddizione fra la politica reale e il progetto del partito unico non è emersa solo oggi, dopo il risultato elettorale del 9-10 aprile e dopo i pronunciamenti dell'Udc e, in parte, di An, ma esisteva molto prima, solo che era stata a lungo diplomatizzata. Infatti c'era una dicotomia profonda fra i convegni che celebravano il progetto del partito unico del centrodestra dandolo già per quasi concluso e la conflittualità politica prima strisciante, poi sempre più evidente, che ha portato alla contestazione della leadership di Berlusconi da parte di Follini e anche di Casini (la «discontinuità») e al mezzo suicidio di una verifica del governo prolungatasi per due anni e mezzo, quindi alla campagna elettorale fondata sulle «tre punte» («le nostre primarie» diceva qualcuno). Quest'ultima bizzarria è stata risolta dalla riaffermazione sul campo della leadership di Berlusconi. Sui «valori» i convegni di Liberal hanno ottenuto un risultato apprezzabile perché la Carta prodotta con il rilevante contributo di Ferdinando Adornato ha chiarito che il nuovo partito non sarebbe il partito unico dei cattolici praticanti (che ne costituirebbero certamente una parte assai significativa), ma il punto di incontro fra cattolici, liberali, liberalsocialisti e destra democratica. Sulla linea politica e anche sulla forma partito invece il «cantiere» è rimasto aperto. Detto questo, va detto che a complicare le cose, oltre all'esistenza di un problema politico, si sono aggiunte anche delle questioni «oggettive» determinate dalle caratteristiche assunte dal sistema politico italiano. Il nostro sistema politico è paradossale: in primo luogo c'è un bipolarismo così esasperato da sfiorare la guerra civile fredda, in secondo luogo è assai marcato il ruolo della leadership al punto che alcuni partiti hanno messo il nome del leader nel «logo elettorale», in terzo luogo però sia nel centrodestra, sia nel centrosinistra riemerge in modo molto forte il ruolo dei partiti grandi, medi e piccoli. Diversamente da alcune polemiche con un risvolto distruttivo, la nuova legge elettorale, che è insieme proporzionale e bipolare, ha dato uno sbocco a tutto ciò. Allora come si concilia, non solo nel centrodestra, il progetto del partito unico con la legge elettorale proporzionale? Che il problema sia obiettivo è confermato anche da tutte le difficoltà che nello stesso centrosinistra emergono rispetto all'aggregazione dell'Unione nel partito democratico. Per quello che riguarda il centrodestra, poi, le recenti elezioni politiche hanno messo in evidenza due questioni di fondo. Sulla rimonta elettorale al 50% hanno pesato due elementi: da un lato il ruolo trainante tuttora svolto dalla leadership di Berlusconi che raggiunge strati di elettorato che nessuno è in grado di raggiungere, dall'altro il fatto che per parte loro tutti i partiti del centrodestra hanno aggiunto qualcosa: ad esempio al nord An e l'Udc hanno recuperato voti in libera uscita per cui con il recupero di Forza Italia e con l'apporto della Lega sia al Nord Ovest che al Nord Est c'è una realtà politica antagonista in modo molto profondo al centrosinistra. Allora il problema pregiudiziale è quello politico e non può essere banalizzato dicendo che viene risolto con il coordinamento dell'opposizione in Parlamento. Il primo problema politico è costituito dal tipo di opposizione che si vuole condurre e dall'esistenza dell'obiettivo o meno di provocare la caduta del governo Prodi in tempi ragionevoli, ma certamente prima della fine della legislatura. L'obiettivo della caduta del governo Prodi può essere realistico di fronte alle incredibili contraddizioni esistenti in questo governo e anche alla profonda negatività della sua politica estera e della sua politica economica. Per altro verso non nascondiamoci dietro un dito: qualcuno nel centrodestra può puntare a tempi lunghi per favorire il ricambio della leadership. A nostro avviso si tratta di un calcolo miope per due ragioni: in primo luogo perché - la cosa può piacere o non piacere - ma senza Berlusconi questo centrodestra è condannato ad una perenne minorità. In secondo luogo sono tali gli «spiriti animali» autoritari e reazionari incorporati in questo centrosinistra che se esso rimane al potere per cinque anni si tramuta in un regime. Le avvisaglie si vedono già oggi. Allora bisogna in primo luogo lavorare pazientemente per ricostruire le ragioni dell'unità politica fra i partiti della Casa delle Libertà mettendo nel conto una fase nella quale ognuno lavora per rilanciare la propria formazione politica. In questo quadro anche Forza Italia dovrà «ripensarsi» e aggiornarsi, rinnovarsi (non sciogliersi) e sperimentare sia al nord ma anche al sud nuove forme di aggregazione politica. Al di là delle battute, delle demonizzazioni e anche di alcune tendenze interne all'autolesionismo, il primo partito italiano può rilanciarsi sul terreno della progettualità politica e dell'organizzazione del territorio e anche del movimentismo: la battaglia di opposizione va sviluppata non solo nel Parlamento ma anche sul territorio e nel rapporto con una molteplicità di categorie. In questa fase tutti i laboratori politici devono rimanere aperti e quindi quello del progetto sul partito unico può svolgere un ruolo importante avendo la consapevolezza di una cosa decisiva: o un nuovo soggetto politico nasce di slancio, per la combinazione fra il lavoro politico dei gruppi dirigenti e l'impegno di pezzi cospicui della società civile, oppure le alchimie burocratico-diplomatiche hanno sempre prodotto soggetti politici di scarsa vitalità, di grande conflittualità interna e di una consistenza elettorale che non ha mai rappresentato la somma dei partiti precedenti.
Allora con pazienza e con onestà intellettuale, ma anche con un impegno alla costruzione di un progetto politico comune, bisogna fare i conti con le difficoltà politiche reali e lavorare per risolverle.*Vice coordinatore di Forza Italia
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