Servizio idrico più caro senza i fondi dei privati

Crescono le preoccupazioni in materia di servizi idrici anche all'ombra della Lanterna, dopo l'esito dei referendum. La vittoria del sì ha sparigliato le carte, abrogando la norma che prevedeva l'inserimento di un'adeguata remunerazione del capitale investito nel calcolo delle tariffe. Non dovrebbero, al contrario, esserci conseguenze particolari a Genova per l'abolizione dell'articolo 23 bis della Legge Ronchi, che prevedeva l'obbligo per i Comuni di far scendere la loro partecipazione sotto il 30% nella società di gestione, entro il 2015. La decadenza di questo vincolo non modifica l'assetto azionario di Iren Acqua Gas, società del gruppo Iren e controllante di Mediterranea delle Acque, responsabile dei servizi idrici per Genova, di cui detiene attualmente il 60% di quota di capitale. Iren Acqua Gas rimane inoltre gestore dell'Ambito territoriale genovese e coordinerà le sue società operative fino alla scadenza dell'affidamento, prevista nel 2032. «Con l'abolizione dell'adeguata remunerazione del capitale investito - spiegano i funzionari di Mediterranea delle Acque - la tariffa non include più una quota di rendimento per chi investe denaro. Questo contrasta con gli obiettivi Ue, che prevedono la copertura di tutti i costi del servizio. Così la costruzione delle opere idriche dovrà essere finanziata con l'aumento delle tasse». Dato che il servizio idrico non si limita a prelevare l'acqua dalle fonti, ma deve anche renderla potabile, distribuirla alla giusta pressione, raccoglierla dopo l'uso e infine depurarla, servono tecnologie e infrastrutture di qualità.

Nei prossimi trent'anni, l'Italia dovrà investire 64 miliardi di euro per costruire depuratori, realizzare una nuova rete fognaria e proseguire con la manutenzione degli acquedotti. Ma gli investimenti pubblici sono scarsi e l'alternativa consiste nel chiedere prestiti ai finanziatori privati.

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