"Servono interventi aggiuntivi" L’Ue dà a Monti un altro diktat

I cosiddetti «compiti a casa» per Monti si complicano. Il premier, stretti gli ultimi bulloni della sua squadra di governo, vola a Bruxelles alla ricerca della promozione

"Servono interventi aggiuntivi"  L’Ue dà a Monti un altro diktat

I cosiddetti «compiti a casa» per Monti si complicano. Il premier, stretti gli ultimi bulloni della sua squadra di governo, vola a Bruxelles alla ricerca della promozione. Ieri, fino a tarda notte, nel summit dell’Eurogruppo (vertice informale dei ministri dell’Economia dei 17 Paesi dell’area euro); oggi il bis con il vertice dell’Ecofin. Soliti attestati di stima e aperture di credito da parte dell’eurocrazia ma sui numeri è ancora buio fitto o quasi, sebbene sul tavolo ci sia proprio il «caso Italia». In mattinata la Repubblica aveva anticipato il rapporto del commissario europeo agli Affari, Olli Rehn. Uno studio dal quale emergeva che il nostro Paese doveva subito trovare 11 miliardi per poter legittimamente confermare l’obiettivo del pareggio del bilancio nel 2013. Nel documento erano citate anche le misure da adottare: aumento dell’Iva, introduzione dell’Ici-super Imu, lotta all’evasione fiscale, stretta sulle pensioni e, per quanto riguarda le riforme strutturali, persino un accenno all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per introdurre più flessibilità nel mercato del lavoro.

Ma la cifra ventilata, 11 miliardi, ha retto lo spazio di un pomeriggio. Se fosse rimasta questa si sarebbe potuto dire che Monti era riuscito a strappare agli sceriffi della Ue una sorta di «eurosconto». Peccato che i conti continuino a non tornare. Per raggiungere il pareggio di bilancio, infatti, servirebbero tra i 30 e i 40 miliardi in due anni. Raccattarne 11 nel 2012 avrebbe voluto dire trovarne almeno altri 19 nel 2013. Una stangata. Ma, soprattutto, le cifre ballano perché vanno considerate rispetto alle previsioni di crescita del nostro Paese. E su questo fronte siamo messi male visto che le stime dell’Ocse parlano di un calo del Pil dello 0,5 per cento. Se queste infauste previsioni dovessero avverarsi, ecco che l’aggiustamento dei conti richiederebbe addirittura uno sforzo in più: 20 miliardi. Un’eurostangata da fare immediatamente, insomma, la cui ufficialità però manca ancora.
Dall’entourage del premier non filtra nulla ma secondo indiscrezioni i tecnici del governo avrebbero puntato i propri riflettori sulla previdenza. Le ipotesi in campo sarebbero quelle di innalzare ulteriormente il numero di anni di contributi (41 o forse addirittura 43) per poter andare in pensione, e anche anticipare il passaggio al sistema contributivo già nel 2012, unita al blocco del recupero dell’inflazione di tutte le pensioni. Insomma, Monti nella notte continua a premere sul tasto della crescita, sottolineando che un conto è raggiungere il pareggio di bilancio in un Paese che prospera e crea ricchezza; un conto è spremerlo mentre è sull’orlo della recessione. Ma la questione del «ciclo economico avverso» pare sia stato affrontato soltanto in termini generali e in linea teorica. Tradotto: la commissione Ue pare stia incalzando il nostro Paese chiedendo misure aggiuntive. «Sono necessarie per garantire gli obiettivi annunciati», avrebbe scritto nella sua relazione Olli Rehn.

Fonti della delegazione italiana a Bruxelles gettano acqua sul fuoco, definendo il premier «non preoccupato» dalle europressioni ma il mistero sui numeri resta un bel guaio. Soprattutto perché il tempo stringe e da palazzo Chigi si giura che lunedì prossimo, 5 dicembre, il pacchetto planerà in Consiglio dei ministri. A tutto ciò si aggiunga la morsa della crisi dell’euro, altro tema spinoso e affrontato ieri assieme agli altri ministri economici dell’eurozona. In un incontro bilaterale con il presidente dell’Eurogruppo, Jean Claude Junker, Monti ha convenuto sulla necessità di rafforzare le difese della moneta unica. Uno strumento è quello di aumentare la potenza di fuoco del Fondo salva Stati. Oggi la dotazione dell’Efsf è di 440 miliardi di euro ma si sta ragionando di portarlo a 1.000 miliardi. Tuttavia questa strada è impervia perché incontra le resistenze di molti Paesi e non è neppure chiaro il funzionamento.

L’altra carta è quella di aumentare il ruolo della Banca centrale europea, ieri rappresentata dal governatore, Mario Draghi. Anche se il tema non era in agenda, di fatto sono in molti ad auspicare un intervento della Bce. Diretto o indiretto. Ma sul tema rimangono i no della Germania.

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