Servono un prete e un santone per rianimare il Mantova

Bebeto e Romario erano al Vasco da Gama prima che il Brasile ci battesse a Pasadena. Le cose non andavano benissimo, tra loro c’era una rivalità esagerata, la squadra ne soffriva e i tifosi la sera si radunavano nei cortili dove improvvisavano riti voodoo sgozzando pollame vario attorno a falò che si vedevano anche a Rio centro. Niente. Allora venne uno stregone, chiamato apposta dal presidente del Vasco, uno che la sapeva lunga. Un mattino all’alba si fece accompagnare allo stadio e iniziò a fare salti e capriole proprio nel cerchio del centrocampo, quando tutto fu pronto diede inizio ai lavori. Arrivarono due inservienti con una carriola e due pale, nel giro di mezz’ora fecero una buca proprio sul dischetto, presero il sacco di cellophane che tenevano nella carriola e rovesciarono il contenuto nella buca: un povero capretto sgozzato. Poi ricoprirono la buca e se ne andarono senza proferire parola. Tutta la città sapeva che nel cerchio del centrocampo c’era sepolto un povero capretto sgozzato, anche Bebeto e Romario. Il fatto è assolutamente vero, la leggenda racconta che nessuno osava mettere una scarpa nel cerchio del centrocampo del Vasco da Gama, ma proprio nessuno, finché il nuovo presidente fece rimuovere la carcassa.
È una storia truce? Eppure la partita è un rito, la storia del calcio è pregna di superstizioni e macumbe, sapevate che Bruno Pesaola imponeva ai suoi giocatori l’ascolto di un disco di Peppino Gagliardi prima della partita? Insomma, cose grosse. Psicologi e motivatori l’hanno sempre svangata alla grande col calcio, anche se adesso fa notizia l’ultima mossa del presidente del Mantova Fabrizio Lori che dopo un buon prete in panchina, ha promosso un diavolo di santone nello spogliatoio. Si mormora sia uruguaiano e magari faccia Julio di nome, di sicuro si veste di nero e questo basta per chiudere il cerchio. Alzi la mano il presidente che non si è mai affidato a maghi, motivatori, psicologi, sensitivi o pranoterapeuti, rivestendoli di nobili principi: «È un medico molto bravo», si è limitato a spiegare il presidente ai suoi giocatori. Niente al confronto di poveri capretti sgozzati.

E poi l’insegnamento ci arriva sempre dalla storia e dal grande Trapattoni che alla sua prima conferenza stampa da ct della nazionale, con parole semplici spiegò il momento difficile degli azzurri: «Non sono mica il mago Zurlì».

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