Sesso senza frontiere La brava ragazza Paltrow non si controlla più

Prima che la scena politico-giudiziaria grondasse infoiamento, giravano filmetti domestici come Arrapaho di Ciro Ippolito (con esplicito riferimento alla rapa quale metafora del membro virile), che nel 1984 incassò cinque miliardi di lire a furia di battutacce sulla tribù dei Froceyenne e con le avventure di Scella Pezzata, starring la sensuale Tinì Cansino, divetta del primo Drive In.
Quei tempi balordamente spensierati e basati su una scherzosa presa in giro del sessomatto, oggi buono-mensa per masse, finirono quando da noi irruppe il concetto tutto americano di sex-addiction. A veicolarlo fu la star Michael Douglas, figlio dell’aitante Kirk, il quale non ha mai trovato nulla di male nel cercarsi una, o più donne a sera, avendone facoltà. Nel 1992, invece, l’oscarizzato Gordon Gekko finì in clinica per disintossicarsi dal suo «Basic Instinct», che lo rendeva incapace di regolare il comportamento sessuale, come da standard del National Council on Sex Addiction and Compulsivity di Atalanta. Poi toccò a Tiger Woods, numero uno del golf, dichiararsi sex addict e sfasciare una famiglia in nome degli espertoni della Columbia University, pronti a medicalizzare ogni pulsione politicamente scorretta. Così un certo stile di vita - dovuto perlopiù a soldi in esubero, uso di eccitanti e viaggi frequenti, oltre che al codice genetico - adesso ingrassa il cinema.
Se a Venezia Michael Fassbender ha trionfato in Shame (Vergogna) di Steve McQueen come miglior attore, nei panni d’un tormentato newyorchese, schiavo del suo priapismo, ora tocca a Gwyneth Paltrow dimostrare che le femmine non sono da meno, quanto ad appetiti borderline. È un vero Contagion, il suo: stando a Variety, l’eterea bionda farà l’assatanata cronica in Thanks for Sharing (Grazie per la condivisione), commedia drammatica del regista esordiente Stuart Blumberg, fiero d’una nomination per "Stanno tutti bene",da lui sceneggiato con la regista Lisa Cholodenko. Va da sé che Blumberg è attratto dal soft-porno, già illustrato in Stanno tutti bene, dove lei amava lei e il donatore di seme per formare la tipica famiglia da Mulino Bianco gay era Mark Ruffalo. Lo stesso attore che girerà, con Tim Robbins e Joely Richardson, nel nuovo film con la Paltrow nel ruolo di Phoebe, manager di successo fissata con la «piccola morte» seriale e lui in quello del di lei povero compagno.
Altro che Paziente Zero, come l’ha voluta Soderbergh in Contagion: stavolta la dolce mammina di Apple e Moses (avuti dal marito Chris Martin, leader dei Coldplay) sarà così assatanata da chiedere aiuto alla psicanalisi di gruppo. Subendo un trattamento settimanale di coppia, dove si deve tirar fuori tutto. Alla trentottenne Gwyneth, d’altronde, non bastava la carriera musicale, la proprietà di un outlet, un libro di cucina e un marito carino, col quale, comunque, oltre alle rose si colgono le spine (l’ha confessato a Elle Usa, alimentando il gossip su una crisi coniugale). Ci voleva una parte di sesso estremo, per passare da Shakespeare in Love (Oscar a lei), al «famolo strano» in voga Oltreoceano.
In effetti, quel gruppo di amici che si sottopone a sedute settimanali per darsi una regolata in dodici mosse, richiama il Verdone di Ma che colpa abbiamo noi?, con otto personaggi legati dall’analisi di gruppo. Ma là si rideva, col solito gusto italiano per la leggerezza. Gli americani, invece, con tipica mancanza di scepsi, trattano ogni dipendenza, alcolica o narcotica, con pragmatismo serioso. E con senso degli affari, dato il fiorire dei «rehab» (centri di riabilitazione) buoni per quel 3-6 percento di adulti Usa sessodipendenti, che si riconoscono nel reality tv Dr.

Drew’s Sex Rehab Show. Dove la top e sosia di Rita Hayworth Amber Smith e la porno attrice Penny Flame hanno qualcosa da insegnare a Gwyneth Paltrow ltra celebrità di talento, che non vede l’ora di provare il gusto del fango.

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