Pietro Vernizzi
«Nella poesia insieme, nella gioia ma con rigore». Sarà questo il motto dellincontro dedicato a «Milano e i suoi poeti», che domani dalle 15.30 alle 18 riunirà 35 autori nella libreria del Castello, per un omaggio in versi alla città. Ciascuno di essi leggerà due poesie, dopo l'introduzione di Michelangelo Camilliti, editore di Lietocollelibri e ideatore dell'evento, e la presentazione di Diana Battaggia. A incontrare il pubblico ci saranno tra gli altri Franco Loi, Alberto Casiraghy, Maurizio Cucchi e Tomaso Kemeny. Tutti artisti che si sono formati all'ombra delle guglie del Duomo e che hanno Milano nel sangue, esponenti di quella «linea lombarda» che secondo Cucchi è morta e sepolta. «Eppure è innegabile che esistano alcuni elementi comuni - osserva Camilliti -. Ciò che li contraddistingue è l'essenzialità, il volgere al vero, la libertà dagli orpelli, la lontananza da uno stile "ricamato". Se per esempio una cosa è "putrescente e vomitevole", tali poeti non esitano a usare queste parole nei loro versi».
Non è il contrario dell'invenzione artistica?
«No, perché la poesia è l'invenzione di qualcosa che esiste e non di qualcosa completamente immaginario. L'ispirazione può nascere magari da ciò che in questo momento mi manca, i colori quando c'è la nebbia. Ma si tratta sempre di qualcosa che ho vissuto e conosco, di un'esperienza precedente».
La Milano di oggi è ancora poetica?
«Le nuove generazioni di poeti si trovano molto a disagio nella metropoli. È come se avvertissero una ferita, per il fatto di non potervi vivere la loro dimensione umana. Quando l'attraversano lo fanno con uno sguardo distaccato, per proteggersi dall'assenza di calore umano che la caratterizza».
E come reagiscono?
«Da una parte hanno la tendenza a fuggire dalla città, dall'altra a ispirare la poesia a una denuncia sociale che diventa apertura agli altri, come i disabili e i clandestini. La sintesi poetica consegna una verità contratta in un pugno: sono versi che non si leggono per dire "ah che belli", ma che a volte trasmettono un senso emozionale di disagio».
Quali sono i luoghi della poesia?
«Molto di più le periferie che non il Duomo, per il semplice fatto che nessuno di questi autori vive in via Montenapoleone.
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