Sexgate e Vallettopoli: bavaglio al «Giornale» via libera a «Repubblica»

MilanoSono i campioni della libertà di stampa. Degli altri, però, perché quando a scrivere è il Giornale, Ordini e Federazioni varie della stampa scattano come un sol uomo per stigmatizzare, condannare, sanzionare. Censura al Giornale e al suo ex direttore, Maurizio Belpietro. Eccola, la notizia che arriva proprio nel giorno in cui era fissata la manifestazione, poi rinviata per l’attentato di Kabul, in difesa della libertà di stampa. Libertà di Repubblica e l’Unità di raccontare dettagliatamente le presunte attività sessuali del premier. Il mondo del giornalismo italiano si è mobilitato per difendere le due testate che da mesi hanno spolpato la vita privata, ammesso che esista ancora, del Cavaliere e si è indignato perché Berlusconi alla fine ha querelato i due quotidiani. Scandalo. Attentato. Brutto segno per la democrazia.
Al Giornale, invece, la censura è già arrivata. E sapete perché? Perché nel 2006 il Giornale, allora diretto da Maurizio Belpietro, pubblicò, nientemeno, stralci delle intercettazioni del giornalista Salvatore Sottile, all’epoca portavoce di Gianfranco Fini. Attenzione: il Giornale non era andato a caccia di gossip, non era andato a rovistare a casa o sul cellulare di qualche velina e nemmeno nell’archivio di un fotografo funambolo, alla Zappadu, con obiettivo fisso su Villa Certosa; no, più banalmente il Giornale aveva messo le mani sugli atti giudiziari, in particolare proprio sull’ordinanza di custodia del gip di Potenza che aveva messo agli arresti domiciliari Sottile per concussione sessuale ai danni della soubrette Elisabetta Gregoraci. Era un filone, uno dei tanti, dell’inchiesta del pm Henry John Woodcock che aveva colpito Vittorio Emanuele di Savoia. Un’indagine che era sulla bocca di tutti, un’inchiesta che aveva toccato molti vip e aveva raggiunto picchi di audience altissimi nell’opinione pubblica.
Sottile, dunque, era nell’occhio del ciclone e solo in seguito l’episodio è caduto nel nulla. Ma ora si scopre che il Giornale ha superato il limite. Il consiglio dell’Ordine della Lombardia «ritiene che le intercettazioni legali si possano pubblicare, ma non gli insulti e le offese contenute all’interno delle intercettazioni». Insomma, vale anche per le intercettazioni la raccolta differenziata. Certe parole sì, certe altre no, meglio cestinarle. Principio condivisibile, ovviamente, anche se il capo d’imputazione, formulato dal gip di Potenza e non dal Giornale, ere quello che era, concussione sessuale, e imponeva temi, parole e stile.
Principio condivisibile, anche se non si capisce come mai valga a corrente alternata. Molto alternata. Anzi, a senso unico. Se il Giornale porta alla luce quel che hanno scritto i giudici, perché questo è successo, viene censurato. Se il Corsera, la Repubblica e l’Unità bivaccano per mesi nell’anticamera di Palazzo Grazioli o nel parco di Villa Certosa e sfornano interviste a prostitute, raccontini a luci rosse, pezzi hard, dettagli piccanti e imbarazzanti, corredati oltretutto da filmati, foto, titoloni e perfino audio, allora la libertà multimediale di stampa copre tutto e tutti come uno scudo.
Fra l’altro, i magistrati di Bari hanno chiarito che Berlusconi non è indagato. È fuori dalla cornice penale. Non importa, anche se il premier non ha ricevuto neppure un avviso di garanzia o una convocazione come teste. Così funziona l’Italia di oggi.
Se il Giornale riporta quel che un tribunale ha sentenziato dell’ormai ex direttore di Avvenire Dino Boffo allora è killeraggio. Fango. Veleno. Ma se sono Repubblica e l’Unità a colpire ossessivamente sotto la cintura per mesi, con centinaia di articoli, allora tutte le bandiere vengono issate sui pennoni più alti. «Abbiamo presentato ricorso contro il provvedimento dell’Ordine della Lombardia e la Procura generale, quindi l’accusa condivide il nostro ragionamento - spiega l’avvocato Salvatore Lo Giudice, legale del Giornale -, martedì ci sarà il nuovo round all’Ordine nazionale. Ma questo doppiopesismo è francamente incomprensibile. Quando è il Giornale a pubblicare si evocano complotti, servizi segreti più o meno deviati, dossieraggi compilati nell’inchiostro della calunnia.

Quando gli articoli vengono impaginati altrove, tutti strillano in difesa della libertà di stampa che è sacra, è inviolabile, è un valore costituzionale. Questa disparità di trattamento stride, stride sempre di più. È inaccettabile».

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