La sfida di Barbara Berlusconi: «L’arte cambierà la mia Milano»

MilanoIeri i padri, oggi i figli. Hanno meno di trent’anni e le idee chiare. Hanno già formato una famiglia, e sono pronti a investire nella cultura e nell’arte. Anzi, qualcuno l’ha già fatto. Come Barbara Berlusconi e Martina Mondadori. La figlia del premier e di Veronica Lario, e la primogenita di Leonardo Mondadori. Ventiquattro e ventotto anni, entrambe già madri, e ora imprenditrici e socie. Insieme al trentenne Nicolò Cardi, figlio del gallerista Renato Cardi, hanno infatti fondato una nuova galleria d’arte contemporanea a Milano, la Cardi Black Box. Ieri Barbara vi ha fatto il suo ingresso ufficiale, per la presentazione della mostra dell’artista israeliana Michal Helfman.
«Sono da sempre appassionata di arte classica, ma oggi credo che non si possa far a meno di avvicinarsi all’arte contemporanea, perché fa parte della nostra vita», dice Barbara, che arriva puntualissima e in total black. Tacchi alti, pantalone morbido e blusa stile impero, è radiosa e parla del bebè in arrivo: «È un maschio, nascerà a luglio ma non abbiamo ancora deciso il nome, anzi stiamo litigando...». Siamo in centro a Milano, e fuori c’è un sole quasi estivo, ma il riferimento al terremoto dell’Abruzzo è inevitabile: «Questa tragedia mi ha toccata personalmente, perché sono e mi sento italiana. Provo per gli abruzzesi molta simpatia, nel senso etimologico della parola: sentire insieme, e spero si possa restituire loro al più presto una vita normale». Qualcosa di più tangibile? «Con Milano Young stiamo raccogliendo fondi per renderci utili il più possibile». Inevitabile anche il riferimento al padre. «È stato in Abruzzo tutti i giorni, ma siamo sempre in contatto: è provatissimo, molto teso, molto giù. E non si tratta di stanchezza fisica, perché è sinceramente coinvolto».
Impegnata da tempo insieme ad altri rampolli milanesi nella onlus Milano Young, ora la figlia di Silvio Berlusconi è qui per rappresentare la nuova galleria. «La scelta è stata precisa: separare la finalità di lucro da quella artistica. Per la prima volta al mondo, abbiamo creato un’istituzione privata in cui la figura del gallerista è distinta da quella del curatore», che in questo caso è Sarah Cosulich Canarutto, 34enne con anni di esperienza a Villa Manin. Gli affari da una parte e l’arte dall’altra, dunque, e nessuna interferenza «economica» sulle scelte del curatore e con il suo lavoro di scouting. Ma dietro il progetto c’è di più: «In un momento di crisi mondiale - continua Barbara - non possiamo far a meno di interrogarci sui valori di oggi, ed essere presenti. Bisogna guardare avanti, al futuro, e non al passato. E poi bisogna proporre idee. Questa galleria è un prodotto di grande qualità, nata per dare un servizio alla città». Ma perché proprio l’arte? «In cos’altro si potrebbe investire oggi?» si chiede Martina. «Milano è la capitale dell’editoria, della moda, dell’industria: mancava un’istituzione a cui i giovani artisti potessero far riferimento, come il discusso Museo di Arte contemporanea, che ancora non c’è. L’idea è quella di mettere la prima pietra per un polo di arte contemporanea». Il progetto è nato dall’incontro dei tre giovani, tutti già impegnati o appassionati d’arte. Cardi ci è cresciuto. Martina ci lavora da un po’: «Ho iniziato a dedicarmi all’arte con “Supercontemporanea”, collana di volumi a scopo divulgativo. L’idea era avvicinare a questo mondo il grande pubblico, proprio come vogliamo fare con la galleria». Barbara invece, che ieri sera ha partecipato anche al vernissage della mostra, per ora ha fatto di una passione il suo lavoro: «Sono sempre stata molto legata a questo mondo, oltre che appassionata, ma avendo fatto un percorso scolastico di un certo tipo (la laurea in Filosofia ndr), per me questa è una novità», racconta, e aggiunge: «Ho iniziato a lavorare in Fininvest, faccio la mamma (del piccolo Alessandro ndr), e ora mi sposto su questo settore come imprenditrice, ma il mio grande sogno, per il futuro, sarà quello di approdare nel mondo dell’editoria. Comunque vedremo...».

Come i suoi soci, è convinta che questa «sarà una vetrina importante per l’Expo e per Milano». Per quella Milano che è «ancora così conservatrice». E si augura che succeda quello che di solito gli imprenditori cercano di evitare: «Speriamo di essere copiati presto...».

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