da Smirne
Sarà anche la «Perla dell’Egeo», come la chiamano in Turchia, ma, nonostante gli sforzi, Smirne è un gioiello ancora opaco.
Un vecchio adagio recita «tutto il mondo è Paese» e in effetti bisogna dire che alcuni classici problemi di Milano, come il traffico, affliggono ancor di più Smirne. Un particolare che sembra essere sfuggito a molti quotidiani turchi, anche ai più autorevoli, che hanno dedicato al capoluogo lombardo articoli non proprio lusinghieri.
L’aeroporto è funzionale e nuovo di zecca, ma piuttosto piccolo: in caso di vittoria nella lotteria dell’Expo, basterebbe ad accogliere gli auspicati 39 milioni di visitatori? Un autobus collega lo scalo al centro cittadino al costo di 10 nuove lire turche, poco più di 5 euro. L’approccio alla città dunque fila abbastanza liscio. Se non fosse che dopo pochi metri iniziano le magagne. Lavori sulla super strada costringono a una deviazione e il tragitto, che dovrebbe essere di 30 minuti, diventa di un’ora.
Durante il viaggio la periferia delle città sembra divisa fra oriente e occidente proprio come i confini turchi. Moschee e casermoni da una parte, nuovi quartieri residenziali e outlet dall’altra. Segno di un Paese che spende e che cresce. Anche troppo: a Smirne i quartieri periferici hanno ormai dilaniato le colline circostanti, che un tempo erano verdi distese ricoperte da uliveti.
Certo sulla «Perla dell’Egeo» il governo turco ha investito, e al primo sguardo l’impressione è di una città moderna, non a caso è considerata una delle città più aperte e laiche della Turchia. Nonostante il terreno collinare, ha un’urbanistica stutto sommato semplice e il chilometrico lungomare, che in fondo è il vero cuore della città, è ben tenuto, anche se un gruppo di palazzoni costruiti a ridosso del mare non sono proprio una bella vista e certo non fanno onore alla fortunata collocazione della città che si affaccia a semicerchio sul golfo. In centro non mancano caffè all’aperto, negozi alla moda ed esercizi commerciali che espongono l’immancabile scritta «Expo 2015'i istiyoruz», «Vogliamo l'Expo 2015». E nel caso il concetto non fosse sufficientemente chiaro, la facciata del Comune è in parte occupata da un manifesto in cui il sindaco di Smirne, Aziz Kocaoglu, dà il benvenuto ai visitatori e ricorda che la città è candidata a ospitare la manifestazione. L’amministrazione gioca la sua scommessa.
Ma dietro i riflettori accesi apposta nella speranza di conquistare l’ambito appuntamento, emergono i nei della «Perla dell'Egeo». Molti edifici sono ridotti a ruderi, anche in pieno centro. Uno sta perdendo i pezzi, per ironia della sorte, proprio di fianco all'impeccabile palazzo della Camera di commercio, che sulla facciata ha l’orologio con il conto alla rovescia verso la decisione del Bie. Palazzi che cadono a pezzi si trovano anche sul Fevizpasha Bulvari e a Konak, considerata la zona più elegante di Smirne. In periferia, com’è naturale, i contrasti si fanno ancora più stridenti. A Kadifekale, palazzi bassi, scrostati, dove vivono nuclei familiari interi si susseguono stradine arroccate sulla montagna con i panni stesi da una parte e dall’altra della strada. Persino la gente cambia. Alle studentesse che si recano a scuola con la loro divisa e le donne che siedono eleganti nei caffè si sostituiscono bambini che giocano in mezzo alla strada e ragazze velate, che spesso aiutano la madre a portare avanti il nucleo familiare. Vecchia e nuova Turchia che vivono in due mondi paralleli e in un’unica città. Con la speranza che il mondo faccia caso solo alla seconda, e chiuda gli occhi sulla prima.
Ovviamente al fatto che possano perdere gli abitanti di Smirne non pensano nemmeno lontanamente. La stampa turca continua a dire che la Perla dell’Egeo è in vantaggio su Milano di almeno sei voti, forse anche di otto. C’è il grande orgoglio nazionale, che se è possibile li porta a negare anche l’evidenza. E poi c’è chi crede a strane coincidenze. Ahmet Bey vende simit (tipico pane turco, ndr) sul lungomare.
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