Politica

Sfida al Pd sugli operai che rischiano il posto

Tutti in difesa delle tute blu Indesit. L’accusa: l’azienda è dei Merloni, imprenditori di sinistra

Quattro operai sul palco della Lega. Sono lavoratori dell’Indesit di Brembate Sopra, dal «sacro prato» la distanza è di appena sette chilometri. L’azienda della famiglia Merloni vuole chiudere i due centri di produzione di elettrodomestici nel Nord Italia, quello bergamasco e quello di Refrontolo in provincia di Treviso (il paese del governatore Luca Zaia), e trasferire l’attività a Fabriano e Caserta. Rischiano il posto 430 lavoratori a Brembate e 85 nel Trevigiano. In loro difesa, i parlamentari della Lega e il Sindacato padano si fanno sentire molto più delle altre sigle.

Mai il Carroccio aveva portato le tute blu alla ribalta. È un segno dei tempi. Tre anni fa, dopo l’elezione a sindaco di Verona, Flavio Tosi ordinò uno studio sui flussi elettorali che gli avevano fruttato il 60 per cento dei consensi, scoprendo che il travaso maggiore verso il suo partito era venuto da Rifondazione. È lo stesso fenomeno che sta facendo lievitare la Lega nelle Regioni rosse: la «classe operaia» vota verde. Il paradosso - ricordato dal palco dalla pasionaria Rosi Mauro - è che i Merloni, proprietari del marchio Indesit, sono una famiglia da sempre vicina alle posizioni del centrosinistra e in particolare di Romano Prodi, che a Fabriano è di casa: Vittorio ne finanziò la campagna elettorale, la figlia Maria Paola (nel cda di Indesit) è deputata del Partito democratico e il fratello Francesco, ex presidente di Confindustria, è stato ministro, parlamentare democristian-ulivista, consigliere di Nomisma e ora presidente dell’Arel, il centro studi fondato da Beniamino Andreatta il cui segretario generale è Enrico Letta.

Qualche giorno fa a Pontida si è svolta una riunione sindacale sul caso Indesit. «Benvenuta questa pioggia che ha decontaminato la zona», ha ironizzato ieri il ministro Roberto Calderoli che nei giorni scorsi ha visitato il presidio dei lavoratori. I delegati di fabbrica temevano una delocalizzazione nell’Europa dell’Est o in Turchia, mai nel Mezzogiorno d’Italia. «Qui abbiamo strade, aeroporti, manodopera qualificata ma spostano il lavoro dove regna la camorra», protestano le tute blu sotto i gazebo verdi di Pontida.

Dice Ettore Pirovano, presidente leghista della Provincia di Bergamo: «Non vorrei che la scelta dei Merloni fosse dettata dalla possibilità di avere fondi europei o agevolazioni fiscali, cioè mangiare risorse pubbliche».

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