La sfida di Valentino: domare il malumore e respingere Lorenzo

Peccato che il Gran premio non scatti alle dodici esatte di domani. Sarebbe stato un Mezzogiorno di fuoco motoristico, avremmo tirato in ballo pistole e cowboy per raccontare il duello all’ultima curva tra i compagni straveloci e stranemici: Valentino Rossi e Jorge Lorenzo. Fra i due ci sono otto anni e venticinque punti di differenza. Erano cinquanta solo una settimana fa, ma la caduta del Dottore in quel di Indy ha complicato un filino le cose. A sei Gran premi dalla conclusione del mondiale, con 150 punti in palio, il vantaggio di Vale non è ora di totale sicurezza. Lo sa lui e soprattutto lo sa Lorenzo.
E che fra i due campioni, tra maestro ed erede designato, sia ormai un duello da Far West, lo dimostrano le cadute. Due a testa nelle ultime quattro corse, e tutte decisive per la fuga di Valentino prima e per il recupero di Jorge poi. In più ci sono i molti conti in sospeso: Rossi ha battuto il maiorchino in entrambe le gare di casa: a Jerez de la Frontera e a Barcellona, dove l’ha addirittura umiliato. Per cui l’iberico non vede l’ora di restituire lo schiaffo in casa Rossi, a Misano, circuito a un nulla da Tavullia, capitale di Valentilandia. Per farlo, Jorge ha tre alleati. Il primo: l’idiosincrasia motoristica del campione del mondo verso la pista dove ha debuttato nelle competizioni e che però mica ha mai amato tanto. «Misano non è come il Mugello... È un tracciato dove non riesco ad essere veramente efficace come su altre piste» dice, «in più, qui, Jorge è sempre andato velocissimo e... e per il finale mondiale dovrò cominciare a fare calcoli». Sembra quasi mettere la mani avanti il campione, e non si capisce se lo fa per confondere le acque o perché teme brutte sorprese. Paradossalmente, il secondo alleato dello spagnolo è il troppo amore del pubblico italiano per il Dottore. Sia al Mugello che a Misano, nel paddock Vale non può vivere, non può camminare, quasi gli tocca fuggire per poter ritirarsi un poco senza l’assillo di quell’amore coltivato, corrisposto e però a volte dilagante. In un clima simile, è davvero difficile concentrarsi. Terzo alleato di Lorenzo, l’effetto recupero: chi, dal compagno in vetta, dimezza lo svantaggio in una gara, non può che devastare l’umore di colui che è in fuga. E Jorge è bravissimo nel devastare, nel dire e non dire, nello spiegare che in fondo, lui, «non può vincere il titolo a meno di un aiuto divino». E quale miglior aiuto di un errore, magari una scivolata, una caduta come in America sette giorni fa?
Già, le cadute. Per la prima volta in molti anni, Valentino esterna un certo malumore verso la Yamaha. Succede quando a domanda (ti giochi il titolo contro il compagno di squadra, non era mai successo... Che cosa cambia?) risponde: «Cambia che devi lavorare in modo un po’ differente, perché sai che se tu sei a posto lo è anche il tuo rivale per cui sei pure conscio che ti giocherai sempre la gara all’ultima curva. Se invece lotti con una moto diversa, ci sono Gp con grandi vantaggi e altri con grandi svantaggi». Succede quando ad altra domanda ribatte: «Il mio futuro? Dopo il rinnovo di Lorenzo per la Yamaha (lo spagnolo ha firmato per un altro anno, il 2010, e il contratto di Rossi scade proprio a fine 2010, ndr) dovrò decidere che cosa fare negli anni a venire. Per il 2010 si va avanti così e poi si vedrà. Da un po’ di tempo le Case hanno deciso di avere un solo top driver per squadra, ma la Yamaha ne ha due: dal suo punto di vista è positivo perché ci si spinge l’un l’altro e si va sempre più forte, però può anche diventare rischioso...». Sott’inteso, e neppure tanto, nelle ultime gare io e Jorge siamo finiti a terra troppe volte...


Un malumore che il team nipponico e molto italianizzato come gestione dovrà valutare con attenzione. Tanto più dopo i molti complimenti profusi a Indy da Rossi verso la Rossa. Non la Ferrari, bensì la Ducati che si gira un poco i pollici in attesa di Stoner.

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