In trentacinque anni di corse, le sue macchine qualche svolta a sinistra hanno dovuto pur farla. Ma quella era passione, era lavoro, era la Formula Uno. Gian Carlo Minardi, invece, di sinistra non è mai stato, alla faccia di Romagna mia. E nella Romagna sua - Romagna in motore - oggi il patron della scuderia made in Faenza scende in pista per il centrodestra come candidato sindaco della cittadina del Ravennate.
Ingegnere, lei ha lanciato piloti come Alboreto, Nannini, Alonso, Fisichella. Chi ha lanciato lei in politica?
«Nessuno sponsor, è il pubblico, la gente di Faenza, che mi ha spinto a correre. Me lavevano chiesto in passato, ma mi ero sempre rifiutato».
Quindi è la bicicletta che ha voluto lei, non il contrario...
«Il fatto è che la mia città è in difficoltà e non me la sentivo di restare fermo un altro giro».
Un sogno che si realizza?
«Macché, mai stato politicizzato, ho sempre avuto altro da fare. Anzi, fino a ottobre avrei dato dellubriacone a chiunque mi avesse prospettato questa carriera».
Faenza, Romagna, terra rossa. Lei si presenta con la lista civica Faenza è futuro sostenuta da Pdl e Lega: rischia una carriera breve...
«E invece no. I faentini sono stanchi degli esperimenti naufragati del centrosinistra. Ormai qui è un pastone in cui tutti hanno cercato di fare i loro comodi. Adesso che i soldi scarseggiano, stanno fermi ai box. Qui cè bisogno di un cambio motore».
Non è che lei è un pentito della sinistra?
«Eh, eh! Io scrivo con la destra, bevo vino bianco e lunica rossa per cui tifo è la Ferrari. Sono sempre stato liberale».
È vissuto circondato di operai metalmeccanici nellera del Pci, come ha fatto?
«Ho convissuto con lideologia della mia terra, ovvio. Ricordo quarantanni fa, quando si aspettavano le semestralità delle Coop rosse. Oggi ho parlato con gli agricoltori: sono a pezzi, hanno capito che quel sistema non funziona più».
La sinistra a Faenza ha fatto danni?
«Cera da preferire Peppone. Ormai la sinistra è diventata unaccozzaglia di liste alleate ma opposte e immobili. Le faccio un esempio: ho incontrato gli industriali, mi hanno mostrato le loro proposte. Sono le stesse richieste del 1994, quando come imprenditore partecipavo ai tavoli di concertazione. È evidente che non si è fatto nulla».
Prendiamo idealmente in mano una chiave a brugola: cosa cè da aggiustare?
«Bisogna avere il coraggio di puntare sulle eccellenze del territorio, lagricoltura, lalimentare. Ai miei tempi si producevano vini orrendi e ci si metteva pure lo zucchero; ora si vendemmiano ottimi vini. Perché non riusciamo a valorizzarlo?».
Il suo programma sembra la Brawn Gp: ha preso il meglio da tutti i partiti...
«Tengo fede alla filosofia della mia scuderia: indipendenti e orgogliosi. Le idee sono di tutti, come i problemi. La sicurezza, laiuto alle famiglie e ai giovani, lecosostenibilità, il diritto alla salute: sono temi primari, lo capisce pure un imprenditore».
Che fa, replica a chi la accusa di non avere esperienza?
«Per carità. Dico solo che il mio avversario (Giovanni Malpezzi del Pd, ndr) era troppo impegnato a chiudersi in ufficio negli ultimi ventanni per accorgersi che non facevo il meccanico, ma gestivo unazienda che oggi è lunica ad assumere».
Il calciatore Galli a Firenze, il canoista Perri a Cremona; ora un ex delle corse. Cosa le ha insegnato la F1 che le sarà utile in politica?
«Sono entrambi lavori di gestione. A me lidea della politica come spartizione, come è intesa qui, non piace. Vorrei si ragionasse in termini di risultati, come in azienda».
Un team manager, come dice il ministro Calderoli...
«Esatto. Oculatezza finanziaria, fare di necessità virtù: sono doti universali, non sportive. E poi saper ascoltare: le maestranze, i dirigenti delle multinazionali, gli elettori in trattoria. E inventare nuove soluzioni. Nessuno lo dice, ma la monoscocca in carbonio e il cambio in titanio le abbiamo sperimentate noi».
Però ci hanno vinto gli altri!
«Noi abbiamo corso 345 Gp di Formula uno con una scuderia del tutto locale. Mai vinto, vero, ma in rapporto al budget abbiamo fatto miracoli. Mica avevamo Mercedes o Honda».
1-0 per lei. Torniamo al programma: sicurezza, cinque anni di residenza come requisito per accedere alle graduatorie, referendum per la Regione Romagna. Sarà mica leghista?
«Io sono Gian Carlo Minardi e ho le mie idee. I colori nelle amministrazioni locali non hanno senso. Lasciamo il rosso alla Ferrari e il verde alla Lotus. La Minardi rimane gialla e nera».
Insomma, ora che è lei il debuttante, come ci si sente sulla griglia di partenza?
«Determinato e consapevole che serve sempre fortuna. Non mi sento secondo a nessuno anche se non ho esperienza politica. Chi lo dice che serve il giro di riscaldamento per vincere?».
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