Sfilano gli abiti scultura E la corteccia di palma si trasforma in tessuto

Il personaggio più originale di questa settimana della moda? Si chiama Patrick Lafrontiere e crea abiti scultura con la corteccia delle palme. Vive nelle foreste della Guyana francese, regione al nord del Brasile, è molto schivo e non ama parlare né essere fotografato. Nelle foreste in cui vive, racconta per lui Isabelle Quéhé, fondatrice dell’Ethical Show francese, «la corteccia si usa per fare gli oggetti più svariati, e lui ha iniziato a utilizzarla per realizzare bassorilievi». Patrick (che “pare” abbia 45 anni) nasce infatti come artista. Ed è per puro caso che inizia a confezionare prima costumi di carnevale, poi veri abiti. Oggi possiede un atelier dove forgia opere d’arte e abiti. «Li costruisce addosso ai corpi delle donne, usando una tecnica segreta per trattare le cortecce e renderle simili ai tessuti e per evitare che si deteriorino, poi li fodera con il cotone naturale». Il risultato? Abiti femminili ed avvolgenti, creati come vere sculture. Tutti pezzi unici, ovviamente, anche perché sono creati e cuciti dallo stesso artista. Patrick ha fatto il suo debutto italiano al White, fiera milanese delle idee fashion più innovative. Proprio qui ha debuttato anche l’Ethical Fashion Show, manifestazione di moda etica nata a Parigi quattro anni fa. Altra storia «etica», quella del marchio Royah (Royal Design from Afghanistan), creato dalla 36enne Gabriella Ghidoni. Milanese, ex psicologa al seguito dell’Onu nei Paesi del mondo in difficoltà, oggi è consulente per il lavoro (sempre con l’Onu), e aiuta le donne di quei Paesi a diventare imprenditrici. A Milano disegna giacche e cappotti che poi fa cucire e ricamare da una cooperativa di donne afghane. «Ho vissuto 5 anni in Afghanistan - racconta - il progetto è nato con poche sarte, ora sono una ventina. E con le vendite, pago loro lo stipendio». Gabriella recupera vecchi tessuti e ricami persiani, e li trasforma in cappotti e giacche dalle linee contemporanee e dai tagli puliti e chic. Come il cappottone tagliato in vita, su cui è ricamato il testo di un'antica poesia persiana che parla di pace e amore. È stato invece il libanese Zuhair Murad il personaggio più nuovo fra gli stilisti che hanno chiuso ieri l’ultima giornata dei défilé milanesi. Una giornata apertasi all’insegna dell’originalità con la spagnola Agata Ruiz De La Prada, che ha portato in passerella una collezione surrealista tutta ispirata all’arte di Dalì (mentre la settimana della moda si chiuse ufficialmente oggi con un fashion show mattutino). Murad ha 36 anni e due sogni. Il primo è rendere più accessibile l’alta moda. Dopo anni passati a disegnarla (la crea da 10 anni nel suo atelier di Beirut) lo stilista ieri ha infatti debuttato nel mondo del prêt-à-porter sulle passerelle milanesi. E lo ha fatto con un'idea precisa: vestire le donne con abiti eleganti e preziosi ma dai prezzi contenuti. L'altro sogno? «Vorrei che le donne tornassero ad essere icone di femminilità, come negli anni ’50». Infatti per la sua prima collezione prêt-à-porter s’ispira a Gina Lollobrigida, e alla rosa che porta il nome dell'attrice. E il fiore torna come leitmotiv degli abiti da sera e da cocktail, sia come stampa che come particolare gioco di pieghe intrecciate.

Mentre il pezzo più originale è lo smoking con la gonna. «Ho iniziato a disegnare quando ero un bambino - racconta - e a 12 anni ho pensato i primi vestiti». Intanto le sue creazioni di alta moda si vedono indosso a rockstar come Beyonce e Shakira.

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