Sfilano i profughi: centro sotto assedio

Prima accettano l’ospitalità al dormitorio, con tanto di accompagnamento sui bus di Atm. Poi, sorpresa, la rifiutano e scelgono di passare un’altra notte all’addiaccio in piazza Oberdan. Finale di giornata degli 88 profughi del Corno d’Africa che, da 48 ore, vagano per la città. Dietro lasciano un pomeriggio di tafferugli, una prima notte trascorsa ai Bastioni di Porta Venezia e la giornata di ieri passata a manifestare in piazza San Babila. Una giornata che, poco prima delle venti, si era chiusa con l’accettazione da parte dei profughi di essere ospiti di un dormitorio della Curia in via Saponaro. Ma, evidentemente, ha prevalso il sostegno dei soliti mestatori dei centri sociali che, in questi giorni, stanno cavalcando il caso e giocando sulla pelle degli 88 profughi.
Ma ricordiamo le tappe dei protagonisti fuggiti dalle violenze che sconvolgono Etiopia, Eritrea e Somalia. Accolti come rifugiati politici, sono ormai da anni a Milano. Anni trascorsi tra dormitori comunali e aree dismesse. Nei giorni scorsi in duecento e passa hanno occupato un edificio dismesso in via Leonardo da Vinci a Bruzzano. L’altro giorno le forze dell’ordine si sono presentate per lo sgombero offrendo dormitori e mense pubbliche come soluzioni di fortuna. Sobillati però dai «soliti noti» gli africani hanno opposto resistenza. Risultato? Scontri, conclusi con una decina di feriti leggeri. Quindi mentre la stragrande maggioranza degli africani cercavano sistemazione altrove, un centinaio si infilava nei giardini dell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini in via Ippocrate.
Ieri mattina, la ripresa della protesta. I rifugiati hanno prima raggiunto i giardini di corso Venezia poi alle 16 sono partiti in corteo, affiancati da un centinaio di antagonisti. In San Babila la manifestazione si fermava mentre una delegazione proseguiva fino alle Stelline in via Magenta, dove ha sede un ufficio dell’Unione europea. Un funzionario di servizio li ha accolti, assicurando «massimo impegno». I delegati, tornati in centro per decidere il da farsi, hanno trovato Riccardo Clerici, rappresentante dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Che ha consigliato l’opzione dormitori. Duramente contrastato dai soliti mestatori che oltre a premere per far respingere la proposta, invitavano gli africani alla «resistenza passiva» occupando San Babila. Sfidando la reazione delle forze dell’ordine. Alle 21.30 gli africani hanno accettato di essere trasferiti in bus al dormitorio di via Saponaro. Un’ora e mezzo dopo il rifiuto e la scelta di dirigersi verso piazza Oberdan dove trascorrere la notte. Ma oggi la questione si ripropone in tutta la sua drammaticità.

La Caritas, primo interlocutore, attraverso il suo direttore don Roberto Davanzo ammette di poter fare ben poco: «La questione dei rifugiati politici non compete alla Caritas perché è regolata dal diritto internazionale». Questione umanitaria o no la città ha tuttavia vissuto una giornata piuttosto convulsa, basti pensare al traffico impazzito per ore intorno tra corso Venezia e San Babila. Oggi, si replica.

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