Lo sfottò via sms: «È il presidente di Camera, soggiorno e cucina»

RomaTormentone attira sfottò, è una legge ineluttabile. La saga dei Tulliano’s, poi, sembra fatta apposta. La fantasia (e la cattiveria) italica si sta scatenando sul povero Gianfranco Fini, che nella produzione umoristica sulla vicenda è sempre nei panni dell’ingenua vittima. Così, lui che fieramente osò alzare il dito contro l’Imperatore Silvio al congresso Pdl per dirgli «Che fai mi cacci?», diventa, nel contrappasso comico delle catene via sms, il destinatario di quella stessa domanda sfrontata. Ma stavolta è Giancarlo Tulliani che dalla casa di Montecarlo chiede al cognato: «Che fai, mi cacci?». Che lo sapesse o no, della casa ammobiliata di Boulevard Princesse Charlotte, per l’ilarità irrispettosa degli italiani il presidente della Camera è ormai il presidente della «Camera, soggiorno, bagno e cucina». Nella presa in giro non manca l’analisi politica, che pur nella miseria di chi ride delle disgrazie altrui, individua in altri le colpe del tracollo, non tanto in Fini che paga errori di terzi. E qui si parla non solo del Tulliani, quello della Ferrari ottenuta in anteprima chiamando Montezemolo (no, questa non è una barzelletta, è successo veramente), ma anche di Italo Bocchino. Inevitabilmente, con un colpo basso e di pessimo gusto, si gioca con il cognome dell’attivissimo capogruppo finiano. Ed ecco quindi il collegamento con le vicende americane, ma non perché Fini sia particolarmente ammirato alla Casa Bianca, come vorrebbe Bocchino, ma su cose passate. L’sms associa con ignobile scurrilità le disgrazie di Bill Clinton per il caso Lewinsky, e quelle di Fini per via dell’irruenza del suo bravo onorevole napoletano.
Ci si accanisce ancora con Bocchino, sempre per il cognome, quando si messaggia agli amici un testo volgarotto, che vorrebbe la questione morale al primo punto nel programma finiano, e dunque, con improbabile e demenziale provvedimento interno al partito, un’elezione a capogruppo della Camera di certo «onorevole Prestazione orale». Una battutaccia da osteria numero venti. Non è di questo che vogliono sentire parlare gli italiani, magari solo un messaggino tanto per farsi due risate, ma niente più. Come questo, stavolta su Fini. «Disse a Fiuggi “usciamo dalla casa del padre”.

Ora deve uscire pure da quella del cognato». Ignobile, ridere di una vicenda simile. Piuttosto questa, per cui Fini ha in auto un santino con Tulliani, e la scritta «Torna! Sta casa aspetta a te». Ma a che livello è sceso il dossieraggio.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica