Si è inventato il restauro del centro storico vendendo ai vip le case a un euro. Ha acceso i riflettori su Salemi (Trapani) trasformandola, da capitale mafiosa per antonomasia per aver dato i natali agli esattori in odor di Cosa nostra Nino e Ignazio Salvo, in un esempio positivo: per le sue iniziative provocatorie, ma anche per una miriade di manifestazioni culturali che hanno attirato l’attenzione anche all’estero. Ma adesso Vittorio Sgarbi, il critico d’arte alla guida della cittadina trapanese dal giugno del 2008, eletto con una lista civica di centro sostenuta dall’Udc, getta la spugna.
Con rabbia e amarezza: addio Sicilia irredimibile, addio Salemi, mi dimetto da sindaco e torno al Nord. Il motivo? Gli ispettori del Viminale mandati dall’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni, adesso chiedono lo scioglimento per infiltrazioni mafiose di Salemi a causa dei presunti condizionamenti esercitati dall’ex deputato regionale Dc Pino Giammarinaro, ora nei guai per una storia di appalti e nomine nella sanità (nulla a che vedere con l’amministrazione Sgarbi) e in passato indagato per collusioni mafiose, inchiesta da cui però è uscito indenne. «Le uniche infiltrazioni di cui mi sia mai accorto – afferma Sgarbi – sono state di tipo culturale, e sono quelle di Rubens, Caravaggio e Cezanne».
Ma l’addio sembra deciso.
La bufera è scoppiata ieri. Inizialmente Sgarbi, furibondo, aveva annunciato querele contro gli ispettori minacciando di nominare vicesindaco proprio Giammarinaro. Poi però è arrivato l’annuncio delle dimissioni, e di un incontro, domani, con il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, per consegnarle un dossier sulla sua amministrazione. Un addio amaro, quello di Sgarbi. «Mi rendo conto – dice in una nota – che è impossibile, così, fare il sindaco in Sicilia, con poteri occulti che ti ostacolano. Poteri occulti che io, in quanto tali, non ho mai visto, ma che, a giudicare da quello che prospettano i commissari della Commissione di accesso agli atti, ci sono. Proprio per questo mi rendo conto di essere in pericolo e di non volere continuare a operare in un ambito di rischio che è identificato oltre la mia possibilità di comprensione. Non devo difendermi – ricorda Sgarbi – da nessuna accusa. Sarà opportuno ricordare che nell’indagine “Salus Iniqua” (quella in cui è coinvolto Giammarinaro) vengo individuato come “parte lesa”. Verifico però l’impossibilità in Sicilia di fare azioni nuove e diverse. Verifico inoltre la capacità di valutazione profondamente difforme tra chi prospetta scenari di condizionamento mafioso - di cui non mi sono mai accorto - e quello che abbiamo fatto, che è sotto gli occhi di tutti, ammirato dal mondo intero: mostre, festival, nuovi musei, un rinascimento culturale che non ha eguali in Europa.
I commissari hanno visto altro, io invece ho amministrato la città nel segno della cultura. Aspetto, comunque, che mi si indichino quali siano gli atti della mia amministrazione “condizionati” dalla mafia. Se, dunque questa è la prospettiva che vogliono avallare, non vedo perché io debba mettermi di traverso».
Proprio il ruolo di Giammarinaro è stato al centro dell’inchiesta sul Comune.
Agli atti anche i rilievi dell’ex assessore di Sgarbi, Oliviero Toscani, che si era dimesso denunciando interferenze dell’attività della giunta. Dopo l’addio di Toscani era stato proprio Sgarbi a chiedere le verifiche. Verifiche che ora suggeriscono lo scioglimento del Comune.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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