Sgarbi sdogana i writer: accordo col Comune

L’artista newyorchese Sharp, che espone a Myowngallery: «La nostra è arte». La coordinatrice del progetto: «Niente a che vedere con gli scarabocchi sui muri».

(...) Cosa che, per i writer, significa: sottopasso della stazione ferroviaria e muri esterni a disposizione. Non solo, un centinaio di street artist sono già stati invitati da Rampello alla Bovisa per una perfomance settembrina. Poi ci sarà l’evento in piazza Affari: action painting su pannelli, previsto durante la settimana della moda (23 settembre) che potrebbero essere esposti, almeno nelle intenzioni di Sgarbi, proprio nel Museo del contemporaneo.
Ma facciamo un passo indietro: tutto comincia venerdì scorso a MyOwn Gallery, galleria d’arte contemporanea del Superstudio Più di via Tortona 27, all’inaugurazione della mostra di Aaron «Sharp» Goostone, uno dei più rinomati graffittisti della scena newyorchese, nonché il più giovane artista ad aver partecipato ad Art Basel, e «Daze», suo «compagno d’arte». «All’inaugurazione della mostra di Daze e Sharp alla mia galleria - racconta Gisella Borioli, coordinatrice del progetto - ho incontrato i writer di Milano, venuti a vedere le opere dei loro maestri, e li ho provocati: ci state a parlare con me, a dare delle idee alla città che vi vuole cancellare dai palazzi e negare la vostra identità? E loro sono venuti. Abbiamo incontrato l’assessore alla Cultura Sgarbi e quello al decoro urbano Maurizio Cadeo. Sgarbi è stato subito disponibile: “sono qua vi ascolto”, ha detto. Così è nato il progetto, che si pone l’obiettivo di mostrare ai milanesi, ma non solo - ecco il perché l’evento di piazza Affari avverrà durante la settimana della moda, quando la città ospita stranieri di tutto il mondo - un patrimonio artistico misconosciuto, quello dei graffiti, che niente ha a che vedere con le tags o gli scarabocchi sui muri». Scarabocchi cui il neoassessore al decoro urbano ha dichiarato battaglia, soprattutto dopo l’annuncio del piano di pulizia della città che partirà a settembre.
Insomma è bene che si inizi a distinguere tra ciò che è arte, e lo dimostrano Daze, Sharp, Kaith Haring e Basquiat, che sarà in mostra alla Triennale in autunno, e ciò che non lo è. Dello stesso parere sono i protagonisti del progetto cioè Bros, Sky4, FlyCat in vista anche della selezione dei wall of fame, i muri artistici che l’assessore si è dichiarato disponibile a segnalare con delle targhe, e degli artisti che parteciperanno all’evento di piazza Affari e di tutti quelli che l’assessorato organizzerà in futuro.
Insomma «se è arte che arte sia» sembra essere il credo di Vittorio Sgarbi e di Gisella Borioli, che sottolineano come a Parigi, New York, Berlino, tanto per fare dei nomi, il writing sia considerato una forma d’arte a tutti gli effetti. E lo testimonia anche Sharp, un maestro di fama internazionale, che ieri è stato protagonista di una painting session all’esterno della MyOwnGallery: «Ho smesso di dipingere illegalmente 21 anni fa, perché volevo indirizzare diversamente la mia creatività. È stata una scelta, che non tutti hanno il coraggio e l’oggettività di fare. Purtroppo la gente non se ne rende conto e fa di tutt’erba un fascio, non distinguendo tra taggs e opere d’arte.

Non è un caso che su circa 200 writer, solo una decina arrivino a esporre nelle gallerie perché hanno un talento superiore. La cosa importante - conclude Sharp - è che se ne parli e che si faccia capire all’opinione pubblica che la nostra è arte». Sgarbi docet.

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