«Sgarbi è Sgarbi. Ma ora deve rivedere i suoi programmi»

Forza Italia, Lega e An unite contro le mostre dell’assessore alla Cultura: «Basta con le provocazioni»

«Sgarbi è Sgarbi». Premessa della maggioranza di Palazzo Marino. Comune denominatore (o quasi) di chi, poi, però pretende «una politica culturale condivisa». Nessun sorrisetto, please. È l’ossimoro culturale che lega An, Fi e Lega. Tutti uniti non contro l’assessore Sgarbi bensì il suo programma culturale, che domani è tema del faccia a faccia del critico con il sindaco Letizia Moratti.
Verifica «salutare» secondo Giulio Gallera, capogruppo di Forza Italia: «Basta con il cliché, lo stereotipo culturale di una Milano con mostre sempre provocatorie e sempre oltre ogni limite». Minculpop in salsa comunale? «Non scherziamo, qui non è questione di bigottismo culturale. Anzi, diciamo con chiarezza che quando si sceglie di fare un’esposizione sull’omosessualità non si può dopo censurarla ma solo esprimere riserve. Adesso è però giunto il momento di dire “stop”: Milano deve fare un salto di qualità. Milano merita di più, come accaduto nel passato dell’assessorato alla Cultura».
Finale che sottoscrive pure Carlo Fidanza, capogruppo di An: «Sgarbi sostiene che fare una politica culturale di destra vuol dire fare una politica libera. È un’opinione. Sbaglia Sgarbi perché politica culturale di destra è coniugare tradizione e modernità, tradizione e provocazione: lui è solo provocazione». Ma la verifica di domani è, secondo Fidanza, anche l’occasione per risolvere un problema che sta a monte dell’assessorato alla Cultura affidato a Sgarbi: «Il responsabile della Cultura non può rispondere solo al sindaco ma anche ai partiti».
Che, con altro giro di parole, è quello sostenuto pure dal vicesindaco Riccardo De Corato: «Non siamo una giunta incolore, ma con partiti e un sindaco che hanno assunto un preciso programma con i milanesi». Messaggio chiaro che completa il repubblicano Franco De Angelis: «Da un assessore alla Cultura mi aspetto che spieghi cosa accade e cosa fa per le biblioteche, per collegare i musei, per dare cultura a tutti i milanesi e non solo ad una élite. Sgarbi non lo fa e lo dimostra esprimendo una tutta sua personalissima convinzione del modo di fare politica culturale a Milano».
Virgolettato di chi attende «una politica culturale condivisa» anche se «Sgarbi è Sgarbi». Come lo pensa Matteo Salvini, capogruppo della Lega: «Troppe uscite in libertà, troppe polemiche inutili. Dimenticandosi che la cultura è cosa seria, troppo seria per ridurla a tante presenze televisive e zero in città». Null’altro aggiungere se non che, stavolta, «donna Letizia si è stancata di fare la mamma, la sorella e la psicoterapeuta di Vittorio».


E questo si traduce in una domanda: domani che accade? Il sindaco mette Sgarbi alla porta oppure torna indietro sui suoi passi? Nessuno firma le risposte che vanno dalla «strigliata, con accettazione della politica condivisa» alla «Moratti che assume ad interim la delega alla Cultura» passando «all’esclusione di un assessorato alla Destra, altrimenti An esce dalla maggioranza». E tutti escludono categoricamente il rimpasto: «Si fa dopo Expo, garantito».

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