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Sgozzato a 18 anni per una partita a carte

MonzaEra un bravo ragazzo. Lo dicono tutti, gli amici, i conoscenti, i carabinieri, Don Carlo Sabatini, il prete del borgo. Bene. A 18 anni appena compiuti è stato ammazzato da un sudamericano. Per nulla. Con due colpi del fondo di una bottiglia che gli hanno tranciato la giugulare. L'assassino, un ecuadoregno, dopo il brutale omicidio è scappato. I carabinieri lo hanno fermato poco dopo.
Siamo a Sovico, piccolo Comune della provincia di Monza, in un pomeriggio di mezz’estate. In viale Brianza, davanti al municipio c'è la sede del Cai e quella degli alpini. Cinque ragazzi stanno giocando a carte. Il sole picchia, loro si mettono sotto le frasche. Ridono, scherzano, sembra un pomeriggio come tanti altri. Invece no. Per chissà quale dannato motivo lo straniero si alza di scatto rompe una bottiglia e si scaglia contro Lorenzo Cenzato. Due colpi gli squarciano la gola. Lory, come lo chiamavano gli amici, sbarra gli occhi, l'urlo gli si strozza in bocca: crolla a terra. Una violenza assurda che non gli lascia scampo. Gli altri quattro giovani restano impietriti. Hanno visto quel lampo di rabbia che si è riflesso nel lampo del vetro di una bottiglia di birra. E in quel flash si è consumata una tragedia assurda. Incredibile. Qualcuno telefona al 118, arriva un'ambulanza della Croce rossa, poi nel vicinissimo campo dell'oratorio atterra un elicottero dell'ospedale Sant'Anna di Como. Purtroppo è tempo perso. La vita di Lory se n’è andata. Per sempre.
Era uno studente modello, finite le superiori si era iscritto a un corso di agraria. Il papà Renato e la mamma Carolina, impiegata in una agenzia di assicurazioni stravedevano per quel figlio che viveva in famiglia assieme alla sorella Mara, 24 anni.
Lorenzo non ha avuto neppure il tempo di lottare, un secondo per cercare di difendersi. Il sudamericano gli si è scagliato addosso come un ossesso. «Il suo viso racconta ancora il terrore vissuto negli ultimi istanti», bisbiglia qualche carabiniere che ha visto il cadavere. Tra la gente si fanno largo i genitori di Lorenzo: non hanno più lacrime. Sono tormentati dal dolore, qualcuno li accompagna lontano. Non ci sono parole neppure per tentare di consolarli.
I carabinieri guidati dal colonnello Roberto Fabiani e dal capitano Luigi D'Ambrosio, sono indaffarati nei rilievi. Ma c’è davvero ben poco da rilevare e da indagare. I testimoni avevano già tracciato il profilo dell'assassino. È un giovane immigrato sudamericano residente a Vedano al Lambro, non lontano da Sovico. Dopo la follia si è dileguato. La caccia all'uomo è finita qualche ora dopo, lo hanno catturato prima ancora che facesse buio.
«Ieri sera eravamo insieme, ci siamo divertiti, siamo una bella compagnia di una cinquantina di ragazzi di tutta la zona. Non ho parole - si dispera Stefano, grande amico di Lorenzo -. Lo conoscevo molto bene e sono sicuro che non ha provocato quel vigliacco. Era un tipo tranquillo».
Luca, 17 anni, è fuori di sé. «Lo scriva, lo scriva - dice - non sono razzista, ma di questa gentaglia non ne possiamo più. Bisogna mandarli a casa loro. Basta». La notizia nel piccolo Comune si è sparsa con la velocità della luce. La gente arriva a frotte. Molte donne hanno il volto rigato dalle lacrime. Si guardano intorno sbigottite davanti a macchine fotografiche e telecamere. «Ce ne sono in giro troppi di questi extracomunitari. Va bene essere buoni, accettare gli inviti alla tolleranza e all'integrazione. Poi quando ci si trova davanti a tragedie di questo genere cosa si deve pensare? Servono leggi che tutelino le brave persone. Scusate, sto pensando a Lory e alla sua famiglia. Li conosco molto bene.

Come consolarli?».

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