La sharia è legge in Somalia Voto unanime del Parlamento e il presidente esulta

Un voto unanime del Parlamento riunito a Mogadiscio. E la conferma della decisione governativa dello scorso 10 marzo: in Somalia entra in vigore la sharia, la legge basata sul Corano. La proclamazione della legge islamica era un impegno che da subito aveva assunto il presidente sheikh Sharif Sheikh Ahmed quando era stato eletto alla fine di dicembre. Un impegno che ha una doppia lettura: la prima di carattere religioso, la seconda di carattere strategico. Il presidente è un convinto islamico ed è stato capo delle corti coraniche che hanno guidato quasi tutta la Somalia nella seconda metà del 2006, prima di essere scacciate dall’intervento militare dell’Etiopia, che si è concluso solo lo scorso gennaio. Insomma Sheikh Ahmed è un uomo che crede alla Sharia. Ma è anche convinto che la sua introduzione sia l’occasione per arginare gli estremismi dell’islam. Per lui è errata e inaccettabile l’interpretazione del Corano che viene data da alcuni gruppi fanatici, in testa gli Shabaab, il movimento estremista ritenuto il braccio militare somalo di Al Qaida, che controlla ancora buona parte del territorio (centro e sud, ma anche parte dell’ovest) e che si dedica a lapidazioni di supposte adultere, taglio degli arti ai ladri e fustigazioni.
Negli ambienti diplomatici kenioti la decisione, sebbene ampiamente scontata, ha suscitato un certo disagio, condiviso anche in altre capitali.

Eppure Mohammed Warsame, meglio noto come «il chimico», già più volte ministro, ambasciatore somalo all’Onu, è convinto che la legge coranica vada «benissimo, ma va correttamente interpretata: promuove la giustizia e combatte la violenza».

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