Cronaca locale

«Dopo Sharm siamo più vicini all’Europa»

Andrea Indini

A nominare gli attacchi che, settimana scorsa, hanno sconvolto l’intero Egitto, lo sguardo di Nasser Hamed, console egiziano per gli affari commerciali a Milano, si fa subito scuro. Nel suo ufficio cala un silenzio doloroso.
«Questo attacco ha colpito tutti noi - spiega Hamed -, nessuno escluso. Il terrorismo è un attacco alla vita e alla morale consolidata, va contro qualsiasi principio che sta alla base di ogni cultura».
È ovvio che si parli sempre delle vittime, ma come è stato vissuto questo attacco dagli egiziani?
«Da sempre siamo considerati persone di pace: nel nostro Paese convivono cristiani, musulmani, copti ed ebrei. Non facciamo differenze: siamo tutti egiziani e, come tali, viviamo, lavoriamo e ci divertiamo rispettandoci a vicenda. Credo proprio che i terroristi abbiano voluto distruggere il nostro decennale lavoro volto all’armonia e alla collaborazione tra i popoli».
Dunque, non ve lo aspettavate...
«Al contrario. Dagli anni Settanta siamo soggetti a questo genere di attacchi: l’ultima ondata di atti terroristici, che si è abbattuta sul nostro Paese tra il 1992 e il 1995, ci ha insegnato che ogni momento potrebbe essere quello buono. L’irragionevolezza stessa degli attacchi motiva, in un certo qual senso, il fatto che ogni città potrebbe essere soggetta a un attentato. Viviamo tutti in un mondo meno sicuro. È proprio questo a renderci più uniti contro queste persone. Negli ultimi cinque anni il terrorismo ha reso più vicino tutto il mondo: gli inglesi possono capire cosa sta provando il mio Paese in questi giorni, la Spagna condivide le angosce e le paure che affliggono gli Stati Uniti dopo l’11 settembre.»
La compassione, però, non serve a nulla se è fine a se stessa...
«No, è vero. Però, potrebbe essere il motore che alimenta la comune lotta al terrorismo. Tutti sanno, in questo momento, l’importanza di valori come pace, coesistenza e cooperazione tra diverse culture».
Nel 2004 gli Italiani che hanno trascorso le vacanze in Egitto sono stati oltre un milione e 100mila. Gli attacchi hanno anche influito moltissimo sul vostro turismo.
«Quest’estate avremo un calo di presenze che si aggira tra il 40 e il 50 per cento. Anche se nel giro di pochi mesi tutto tornerà a posto, abbiamo calcolato una perdita pari a 6 o 7miliardi di euro. Anche se è difficile calcolare quanto tutto questo colpirà la stabilità economica dell’Egitto, il nostro governo sta lavorando per contenere il più possibile i danni».
Sono state applicate misure particolari?
«Lo Stato sta collaborando attivamente con le grandi compagnie stanziando ingenti fondi per poter aiutare tutte quelle persone che hanno perso l’hotel, il negozio o il bar. Il ministro del turismo ha disposto diverse iniziative in modo da promuovere nuove società per creare posti di lavoro e colmare il gap che questi attacchi hanno creato».
Siete intervenuti anche con un piano per la sicurezza interna?
«Abbiamo già sottoscritto una dichiarazione internazionale per la collaborazione tra i popoli. In base a questo, sono state attivate diverse procedure per proteggere e rendere più sicure tutte le località turistiche. Non vogliamo limitarci a catturare i responsabili degli attacchi, ma puntiamo a creare una forza di intelligence per prevenire possibili nuovi attacchi».
Un’ultima parola per gli italiani che trascorreranno le vacanze in Egitto?
«Il turismo è una delle più importanti fonti di reddito del mio Paese: gli attentati stanno portando una serie di conseguenze negative che, a catena, vanno a minare la stabilità interna del governo. Non alludo soltanto alle perdite economiche. Quello, forse, è il meno: non trovo giusto che, da settimana scorsa, gli egiziani vivano nel terrore di nuovi attentati. È brutto dirlo, ma la vita va avanti. Non possiamo fare il gioco di questi seminatori di morte. Con questo non intendo affatto che bisogna dimenticare. È però necessario che tutti noi reagiamo. Se pensiamo a località come Sharm El Sheikh, Mars Alam e Hurgada e l’influenza economico-sociale che da anni hanno avuto sull’Egitto, diventa più comprensibile l’importanza di alzare la testa e tirare avanti.

E su questo siamo ottimisti: abbiamo ragione di credere che, entro la stagione invernale, le attività economiche e turistiche riprenderanno a pieno regime».

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