Lo show di Ahmadinejad: «Via le atomiche dall’Italia»

Che ci fanno le armi nucleari americane in Europa? Come mai tanti missili a stelle e strisce in Paesi come l'Italia, l'Olanda e la Germania?
Avendo letto da qualche parte che la miglior difesa è l'attacco, il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad si è esibito ieri pomeriggio in uno show a tutto campo contro il Grande Satana, vale a dire gli Stati Uniti e i satanassi europei (ma anche quello giapponese) che gli tengono bordone, ovvero l'Occidente tutto. Sotto accusa per il processo di arricchimento dell'uranio cui l'Iran si sta dedicando a spron battuto, Ahmadinejad ha rovesciato le accuse sull'America («l'utilizzo di armi nucleari da parte degli Usa ha scatenato una corsa al nucleare») e sugli alleati dell'America che tollerano la «minaccia nucleare rivolta contro altri Paesi, compreso l'Iran».
Teatro della nuova sceneggiata dell'ingegner Ahmadinejad è stato il Palazzo di Vetro a New York, dove ieri si è aperta la Conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione nucleare. Davanti alle livorose farneticazioni del presidente iraniano, le delegazioni occidentali - compresa la nostra - hanno lasciato l'aula. Ma la protesta e lo sdegno di quanti platealmente gli stavano voltando le spalle non hanno minimamente imbarazzato l'ospite, che è andato avanti a pronunciare il suo discorso chiedendo la sospensione degli Stati Uniti dall'Agenzia internazionale dell'energia atomica. E la corsa al nucleare iraniana? La ragionevole certezza che il dottor Stranamore si stia fabbricando la bomba nel deserto iraniano, accanto alla città santa di Qom, infischiandosene delle sanzioni e delle minacce che l'Occidente gli sta montando contro? Tutte sciocchezze. «Non c'è una sola prova credibile che noi stiamo sviluppando armi nucleari», giura il leader iraniano. Minacce e sanzioni sono dunque autentiche mascalzonate, ovvero il colmo dell'ingiustizia. Di qui la richiesta che vengano puniti i Paesi (il riferimento è agli Stati Uniti e alla loro nuova strategia sul nucleare inaugurata il mese scorso) che minacciano di utilizzare armi atomiche. E quella di «considerare qualsiasi minaccia di impiegare armi nucleari o di attaccare impianti nucleari civili come una violazione della pace e della sicurezza internazionali».
Che fare con un tipo così? Controbattere? Farsi trascinare un giorno sì e uno no in una polemica sterile, mentre i suoi generali in camice bianco fanno ogni giorno un passettino in avanti nella messa a punto della Bomba?
Da consumato regista di una sceneggiata che va avanti da troppo tempo, Ahmadinejad punta a incantare l'avversario come fanno gli specialisti del gioco delle tre tavolette, minacciando sfracelli e invocando la cancellazione di Israele e allo stesso tempo fingendo acquiescenza e affettando moderazione nel campo che gli è più congeniale: quello del bazar diplomatico. Così ieri è tornato a sostenere che l'Iran «ha accettato la proposta di scambio» di combustibile nucleare proposta dall'Agenzia internazionale per l'Energia atomica sostenendo che ora «la palla è passata ad altri». A chi, di grazia?
Secondo la bozza dell'accordo dell'Aiea, Teheran dovrebbe consegnare il suo uranio arricchito al 3,5 per cento ricevendo in cambio combustibile nucleare arricchito al 20 per cento. Ma è qui che entrano in scena gli azzeccagarbugli del serraglio diplomatico iraniano. Ahmadinejad e i suoi chiedono sostanzialmente uno scambio «contestuale» sul loro territorio, mentre le potenze occidentali e la Russia si oppongono a questa formula.


Naturalmente, nel discorso del leader iraniano non poteva mancare un affondo contro il nemico sionista, che «con le sue armi atomiche continua a rappresentare una minaccia per gli Stati della regione». Col che, nel gioco dell'oca, si tornerebbe alla prima casella.

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