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Si accendono le luminarie: sfila l’Italia da vecchio film

Siamo alla frutta anche con la moda? Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono convinti del contrario e per la loro collezione della prossima estate in passerella ieri a Milano utilizzano tutti gli archetipi di un'Italia da cartolina. Ci sono gli addobbi luminosi per le feste di paese del nostro sud che decorano in modo spettacolare sia il set della sfilata sia i bellissimi abiti da sera corti ma interamente ricamati di pietre luccicanti dai mille colori. C'è la nostra grande tradizione culinaria evocata tanto nei vestiti con allegrissime stampe di cipolle, peperoni, zucchine e melanzane, quanto negli accessori intesi come orecchini e collane costruiti con geometrici assemblaggi di maccheroni, pomodori e peperoncini. Soprattutto c'è la Signora Italia che piace al mondo: Sophia Loren. La sua voce inconfondibile mentre canta Mambo Italiano nell'incredibile scena del ballo con De Sica in Pane, amore e... (terzo film dell'omonima tetralogia, girato da Dino Risi nel 1955) fa da colonna sonora all'intera sfilata. Inutile dire che i due stilisti evitano saggiamente di riproporre in chiave contemporanea quel vestito rosso fuoco con cui la diva nei panni di una bella pescivendola tenta di sedurre il «Carotenuto cavalier Antonio» al solo scopo d'impossessarsi del suo appartamento. Ma la linea dei capi è inequivocabilmente ispirata dagli anni Cinquanta, senza nemmeno un paio di pantaloni, ma con le gonne dritte a tubo di stufa, la vita segnata e le belle giacchine dalle maniche a tre quarti con una grande martingala che controlla l'ampiezza del modello. Il tutto nei tessuti stampati con le primizie dell'orto alternati ai classici pizzi rebrodè che il magico duo «cucina» da sempre in tutte le salse possibili e immaginabili, specialmente sotto forma di tubini e tailleur. Stavolta oltre al nero che è sempre presente e «piccante» come non mai, ci sono i toni soffusi dell'azzurro e del carne. Più insolito lo spolverino in pvc trasparente tempestato di pietre colorate. Il gran finale prevede 60 modelle diconsi 60 (il doppio di una sfilata normale) con il classico bustino di Dolce&Gabbana ricamato da cristalli d'ogni forma e colore che riproducono il disegno delle luminarie da festa di paese. «Per noi è questa l'essenza della bellezza italiana» concludono i due stilisti senza se e senza ma. Altri non la pensano così.
Per esempio Consuelo Castiglioni, talentuosa designer di Marni, pensa che l'innocenza e la delicatezza di una giovane ragazza sottile come un giunco, siano più sensuali della prorompente fisicità di una donna con le curve al posto giusto. Anche lei, però, dona un twist più classico alla linea dei suoi bellissimi modelli ad alto tasso di modernità. Il risultato è particolarmente gradevole nel caso dei due tubini bianchi con stampa digitale dello stesso ricamo in raffia lavorata all'uncinetto che impreziosisce un'altra coppia di vestiti. Magnifici come sempre gli accessori anche se non riusciamo proprio a digerire l'idea del calzino corto con i sandali a tacco alto che per altro piace tanto anche ai Dolce&Gabbana e non solo a loro. «Essere italiani significa stare al centro della moda che nei momenti tristi ha anche la funzione d'infondere ottimismo e gioia di vivere» dice Angela Missoni poco prima di mandare in passerella la più bella collezione della giornata: un inno alla danza, al colore, alla fantasia. I capi sono pieni di frange, ruche e orli asimmetrici che si muovono a ogni passo delle modelle che indossano scarpe a tacco alto da tanguera decorate da grandi fiori in PVC. Per accentuare l'idea del movimento e dell'allegria di una ragazza che ha appena trascorso una notte d'estate a ballare con i suoi amici, la stilista aggiunge lunghi scialli frangiati che hanno l'incomparabile ricchezza grafica e cromatica delle cose firmate Missoni.
Laura Biagiotti dedica invece la sua collezione a Venezia che per lei è «un luogo magico d'incantamento, la quintessenza dell'italianità».

I capi più belli sono decorati dalle cosiddette perline da conteria: un ricamo degno dell'alta moda, inevitabilmente made in Italy perchè solo da noi esistono ancora degli artisti che non hanno paura di farsi chiamare artigiani.

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