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Si danno fuoco come l’eroe della rivolta La nuova crisi araba ignorata da tutti

Nel giorno in cui il primo Parlamento eletto della storia egiziana debuttava al Cairo, due trentenni commettevano suicidio nella capitale. Lunedì, il 31enne diplomato Mohamed Abdel Tawab si è buttato dall’alta torre che domina Zamalek, isola sul Nilo; il dentista 33enne Amr Mohamed Emam si è lanciato sotto un treno della metropolitana. L'Agenzia centrale per la mobilitazione pubblica e le statistiche egiziana rivela che i suicidi nel Paese sono in aumento: da 1.160 nel 2005 a 5.000 nel 2009. Per gli analisti, le ragioni sono spesso le stesse: motivi economici, disoccupazione, mancanza di prospettive per i giovani.
A un anno dalla rivoluzione egiziana, mentre migliaia di persone ieri sono ritornate in piazza Tahrir per commemorare la rivolta e continuare la protesta, è difficile tenere il conto di una serie di suicidi che, nelle modalità e nelle cause, ricordano la morte di Mohamed Bouazizi. Il giovane venditore ambulante si è dato fuoco il 17 dicembre 2010 a Sidi Bouzid, cittadina rurale della Tunisia, per protestare contro la confisca da parte delle autorità del suo carretto. La sua morte innescò la rivoluzione in Tunisia e il contagio arabo. Bouazizi è diventato un’icona per milioni di giovani nei Paesi arabi. Sfortunatamente anche fonte di ispirazione. Secondo i dati raccolti dalla Bbc, nei mesi dopo la caduta del regime di Zine El Abidine Ben Ali, in Tunisia più di cento persone si sono date fuoco, soprattutto per protestare contro la disoccupazione, la deteriorazione della situazione economica. E a più di un anno dalla fine della dittatura, dopo le prime elezioni libere, in cui il partito islamista moderato di Ennahda ha ottenuto la maggioranza dei voti, la serie di autoimmolazioni continua. E non soltanto in Tunisia. A gennaio, sono una decina le persone che attraverso il mondo arabo si sono date fuoco, la maggior parte per motivi economici. Sono atti di disperazione isolati, che raccontano però una società stravolta negli ultimi mesi da incredibili cambiamenti, e dove ancora regna un profondo malessere legato alle condizioni finanziarie, alle limitate prospettive dei giovani, spesso laureati e disoccupati. Lo stesso malessere che ha scatenato il dissenso all'inizio del 2011.
A Rabat, il 18 gennaio, durante una sit-in contro la disoccupazione, cinque giovani si sono dati fuoco. Abdelwahab Zeidoun, 27 anni, un master in tasca e il sogno di un posto come funzionario pubblico, è morto pochi giorni dopo. In Marocco, dove governa un partito islamista moderato e dove il re Mohammed VI, per arginare la piazza ha concesso cosmetiche riforme democratiche a luglio, la disoccupazione tocca il 9,1% e il 27% dei laureati non ha un lavoro. In Giordania, monarchia assoluta in cui da gennaio 2011 la popolazione protesta per riforme politiche e sociali, un 52enne di Amman, impiegato del comune, si è dato fuoco qualche giorno fa dopo essere stato messo in prepensionamento. E in Tunisia, sono almeno quattro a gennaio i casi di autoimmolazione. A Gafsa, nel centro del Paese, un disoccupato di 48 anni si è dato fuoco nel giorno della visita di tre ministri in città.

Stava manifestando assieme ad altri disoccupati, e chiedeva di poter incontrare i politici.

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