Si dimette il braccio destro di Fini che gestiva il patrimonio di An

Pontone lascia dopo la deposizione dai pm di un senatore Pdl che lo smentisce. Firmò la vendita ma nega altre offerte. Caruso: "Gliene girai una io, ho le prove"

Si dimette il braccio destro di Fini che gestiva il patrimonio di An

Ai pm di Roma, qualche giorno fa, ha detto che lui, Francesco Pontone, tesoriere di An, ha venduto quell’appartamento a Montecarlo per disposizione del partito. Ha sostenuto di non avere ricevuto altre offerte oltre quella della off-shore Printemps Ltd, che nel 2008 ha effettivamente acquistato quella casa. Ha dichiarato di aver appreso che poi quell’alloggio era finito a Giancarlo Tulliani solo molto dopo la compravendita. Insomma, ha ribadito la sua versione dei fatti. Poi però gli è arrivata una smentita interna: quella del senatore ex An Antonino Caruso, che lo ha sconfessato sostenendo che un’offerta c’era eccome, e di molto superiore ai 300mila euro del prezzo di vendita, due miliardi di lire nel 2001, un’enormità. Di qui il colpo di scena: Francesco Pontone sta per lasciare, sta per dimettersi - o ha già formalizzato le dimissioni - dall’incarico di amministratore dell’associazione An. Un gesto clamoroso. Forse quello di un uomo che per una vita ha lavorato per il partito e che adesso sente franare il terreno sotto i piedi, si sente scaricato.
La notizia delle dimissioni di Pontone si è diffusa ieri sera. Guarda caso poco dopo che il senatore Caruso ha dettato alle agenzie di stampa una precisazione rispetto al suo interrogatorio davanti ai pm romani titolari dell’inchiesta contro ignoti per truffa aggravata relativa alla compravendita. Ecco cosa ha detto Caruso: «Nel corso dell’audizione di ieri davanti ai procuratori della Repubblica, tengo a precisare di aver puntualmente confermato le circostanze che avevo già avuto modo di riferire pubblicamente, compresa la richiesta di trattare l’immobile nel 2001/2002 e “girata” al senatore Pontone, e di essermi riservato di far ricercare nel mio archivio il fascicolo contenente i documenti che interessano la questione. Li farò avere ai magistrati perché possano verificare, tanto per esaminare un aspetto della vicenda, come già al momento della dichiarazione di successione An dichiarò un valore “fiscale” dell’immobile superiore a quello accettato dieci anni dopo e materialmente ricevuto per la sua vendita». Una mazzata, per Pontone, la precisazione dell’ex garante del comitato di gestione del patrimonio di An. Una mazzata che gli ha fatto forse presentire il rischio di diventare il capro espiatorio di una vicenda gestita da lui, sì, ma per conto del partito del quale lui era solo il tesoriere, ma del quale il leader era Gianfranco Fini.
L’offerta cui fa riferimento il senatore Caruso non è robetta. Si tratta della bellezza di quasi due miliardi di vecchie lire a cavallo con l’entrata in vigore dell’euro. Ecco cosa ha dichiarato sinora Caruso sul tema (e confermato con la nota di ieri davanti ai magistrati): «Venni contattato da una persona che, facendo riferimento all’incontro dal notaio (il notaio Aureglia, che poi effettivamente fece il primo rogito e che ha dichiarato al Giornale che in quella compravendita c’era qualcosa che non quadrava, ndr) mi disse che c’erano più soggetti interessati all’acquisto dell’immobile e che offrivano fino a sei milioni e mezzo di franchi francesi, pari a due miliardi di lire dell’epoca. Risposi loro che non mi occupavo più della vicenda dell’appartamento, ma che avrei comunque chiesto a Roma. Ho chiamato subito il senatore Pontone, l’ho messo al corrente della richiesta d’acquisto, ma lui rispose che i tempi ancora non erano maturi e che non se ne faceva niente».
Che accadrà adesso? Le dimissioni di Pontone sono un segnale pesante, l’ennesimo di quanto la vicenda Montecarlo stia provocando negli ex An un terremoto.

Intanto il Dis (il dipartimento delle informazioni per la sicurezza) smentisce indagini sulle off-shore al centro del caso: «Nessuna delle due società è stata oggetto di attività istituzionali svolte dagli Organismi di informazione per la sicurezza della Repubblica».

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