Si dimette il presidente della Comunità ebraica

Roberto Jarach: «Clima di sfiducia e forte conflittualità». Lascia con cinque consiglieri. Domenica previsto un vertice straordinario

Sabrina Cottone

Si è dimesso Roberto Jarach, presidente della comunità ebraica di Milano. E il pensiero corre subito a altre, più rumorose dimissioni, quelle del rabbino capo Giuseppe Laras e all’insediamento (tra le polemiche) del successore, Alfonso Arbib. Riecco scontri e divisioni. Negli ultimi tempi molte decisioni sono state prese a maggioranza e il presidente Jarach si è spesso trovato a votare con l’opposizione. Lui sintetizza così: «È un’aberrazione rinfacciarmi di non essere un presidente al di sopra delle parti e contemporaneamente chiedermi di rappresentare la maggioranza. Mi ricorda Andreotti e le convergenze parallele...». E spiega: «Abbiamo vissuto con difficoltà l’iter di inserimento del nuovo rabbino, sarebbe servita maggiore tranquillità e una più chiara idea dell’accompagnamento. Non abbiamo riserve su Rabbi Arbib ma solo sulle modalità seguite».
Le dimissioni sono state formalizzate martedì scorso con una lettera dai toni decisi. «Visto il clima di sfiducia e di forte conflittualità venutosi a creare ormai da tempo e che impedisce di continuare a operare in modo fattivo e costruttivo per il bene della comunità, rassegniamo le dimissioni» scrivono il presidente e gli altri cinque consiglieri. E annunciano un’altra lettera, che sarà spedita a tutti i membri (6.500 iscritti), in cui spiegheranno «motivazioni e ragioni che ci hanno costretto a prendere questa difficile e sofferta decisione».
Lo strappo è lacerante, tanto da dare l’impressione che non si sia mai rimarginata la ferita dell’addio di Laras, avvenuto dopo venticinque anni di guida della comunità. «Le mie dimissioni sono state respinte solo in modo formale» sostiene il presidente, che quindi non sembra disponibile a ritirarle. Insieme a Jarach vanno via altri cinque consiglieri. Se fosse arrivata un’altra defezione, la settima, lo statuto avrebbe imposto la decadenza del consiglio. Invece Yasha Reibman, il portavoce, ha deciso di restare: «È fisiologico che ci si divida sulle scelte, è un momento di scelte importanti. Non condividiamo la scelta delle dimissioni ma le rispettiamo». Domenica prossima sarà un consiglio straordinario a decidere: con ogni probabilità verrà nominato un nuovo presidente e ai dimissionari subentreranno i primi tra i non eletti.

La lista «Unione e pace» era nata come risposta allo scontro tra laici e religiosi e Jarach ha tentato (forte di un consistente mandato popolare) di fare da ago della bilancia. Impresa che non è riuscita. «Sarebbe consigliabile andare a votare» è l’auspicio di Jarach. Domenica la decisione.

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