Cronache

Si gioca coi piedi, beato chi ha quelli di Milito

Si gioca coi piedi, beato chi ha quelli di Milito

(...) Ma intanto provate a togliere Ibrahimovic a Mourinho che di giocatori importanti ha gonfio il guardaroba e vediamo che fa l'Inter...
Poi l'oliatissimo Genoa messo magistralmente in campo da Gasperini ha saputo giocare calcio champagne e vincere (addirittura 5 volte su 6) pure quando gli è mancato colui che per più di un motivo io reputo preferibile allo stesso Ibrahimovic, ma insomma per il Principe diventato Re di Genova segnando una tripletta storica nel derby della Lanterna parlano i timori - stavo per scrivere: il terrore - che la sua sola presenza fa serpeggiare tra i difensori avversari e la concomitante carica di fiducia che infonde nei propri compagni. Lo si è rilevato una volta di più proprio stavolta, nel primo quarto d'ora di gioco in cui un Genoa eccessivamente contratto e ripetutamente costretto al fallo disperato ha permesso a una Sampdoria particolarmente in palla di mettere Pazzini e Cassano in condizione di far centro da due passi. Nel bel mezzo degli scampati pericoli, il Principe ha infatti suonato la diana producendosi in un paio di avvertimenti per gli avversari e di stimolo per i compagni che, recepiti in primissima battuta dallo straordinario scudiero Palladino, hanno ricondotto il match sul binario dell'equilibrio: rotto - manco a dirlo - dalla regale zampata di Diego. Come tacere che finché avrà Milito, centravanti non solo da Champions ma addirittura da Coppa dei Campioni quando a giocarla era il solo vincitore di scudetto, il Grifone potrà volare alto?
Ora naturalmente, affinché quella del derby non si risolva in una vittoria di Pirro, occorre che Gasperini riesca a far sì che a Bergamo il Genoa non faccia caso alle forzate assenze dei pilastri Ferrari e Thiago Motta, ma insomma obiettivamente credo che le motivazioni del Grifone - che si è già assicurato il fortissimo Floccari - non potranno non risultare fortemente superiori a quelle della tranquilla Atalanta priva dello squalificato Doni.
Segnato (con Campagnaro) e subìto (da Milito 2) un gol in fuorigioco, la Sampdoria che aveva perso un doppio derby stagionale solo 44 anni fa e finirà (staccatissima) alle spalle del Genoa dopo 27 anni di predominio cittadino, nel caso specifico può lamentare (oltre al mancato rigore di Ferrari su Pazzini, da cui è nata l'indecorosa gazzarra finale) solo l'interminabile martirio fisico cui è stato sottoposto Cassano. Martirio abilmente operato dagli avversari e non adeguatamente contrastato dall'arbitro, peraltro frutto di un dispositivo tattico blucerchiato che nel caso specifico penalizza o la difesa o la coppia d'offesa e anzi generalmente entrambi. Organicamente priva di difensori centrali da alta classifica di serie A e dotata di due esterni di centrocampo (Padalino e Pieri) incapaci di stordenti ripetute su 80 metri ma capacissimi - se opportunamente coperti dai terzini - di efficaci incursioni offensive, la Sampdoria di Mazzarri continua infatti a proporre un velleitario «3-5-2» negandosi un più accorto «4-4-2» che sarebbe tanta manna per la tutela della porta di Castellazzi, la testa di Pazzini e il genio di Cassano.
A parziale scusante di Mazzarri mi soccorre un icastico detto di Fulvio Bernardini, storico Dottore in pedata: «Il calcio è difficile perché si gioca con i piedi». Ecco, se fossi nei panni di Marotta, a giugno baderei soprattutto a migliorare la globalità dei piedi blucerchiati, a maggior gloria di Palombo Pazzini e Cassano e a conforto dei vari Campagnaro Accardi Franceschini Pieri Padalino Dessena Marilungo Poli Soriano da completare adeguatamente a partire da un paio di signori difensori centrali.

Per intanto, se la Sampdoria va alla finale di Coppa Italia con questo «3-5-2», ancorché camuffato, rischia seriamente di prenderle dalla Lazio consegnando agli archivi una stagione fallimentare.

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