nostro inviato a Torshavn
«Se non ti piace il tempo aspetta cinque minuti». È il kharma delle Far Öer, è la speranza da inseguire quando sbatti contro lo stadio Torsvollur: un paio di chilometri dal mare, è immerso nella nebbia nemmeno fossimo a Piacenza. Ma qui nessuno sembra preoccuparsene, dicono arriveranno vento e pioggia a spazzare laria ed è meglio sperare che vada davvero così, altrimenti questa prima degli azzurri nellisola delle pecore avrà il sapore di unamichevole nella Bassa. Almeno lì cè lilluminazione, qui invece no. Se cè una cosa che alle Far Öer ti vendono a chili è proprio la luce, non il sole, entità in questi giorni invisibile e solo immaginabile, ma la luce. Te ne rendi conto alla sera quando, come per magia, le nubi si alzano e compare il cielo.
Quarantottomila abitanti dispersi su 18 isole, diciottomila anime solo a Torshavn, la capitale. Da queste parti luomo è in minoranza: 87mila pecore e circa 3 milioni e mezzo di uccelli marini vincerebbero la guerra dei mondi. Lerba cè sui tetti delle case tradizionali (immaginatevi una baita con un prato sopra), ma scarseggia nei campi di calcio, solo due in tutto larcipelago. In uno, a Torshavn, ci giocano gli azzurri questa sera; nellaltro, a Toftir (su unaltra isola), la Scozia mercoledì prossimo.
Eccitazione per larrivo dellItalia è una parola grossa, ma è una questione di cromosomi, non di snobismo. Perché i seimila biglietti sono stati tutti venduti, 45 euro il prezzo standard. Titola il Sosialurin, giornale del pomeriggio, piazzando un bel centurione con un pallone tra i piedi in prima pagina: «Miliardi allaeroporto, mai un carico così prezioso è atterrato nel nostro Paese» e si vede Cannavaro scendere dallaereo. Qui ci hanno giocato la Germania e la Francia, ma anche San Marino che finì per perdere 2-1 nel 95: da allora questi figli del Nord che dipendono da Copenaghen ma hanno un governo e un primo ministro locale e le Corone danesi portano effigi del posto, non hanno più vinto: 21 sconfitte e 4 pareggi.
Ma questa è la Partita. La nazionale è in ritiro da giovedì, stesso albergo degli azzurri, Martin Olsen, perito elettronico, da due anni è il ct locale e da un mese ha un grosso problema. «Scegliere chi dovrà andare in panchina e in tribuna questa sera, contro i campioni del mondo vorrebbero giocare tutti. È una partita che non mi fa paura, ai miei ragazzi non dirò niente di speciale per caricarli. Basta il nome dellItalia». Settemila corone per un pareggio (più di mille euro), un poco oltre il doppio in caso di vittoria: le Far Öer calano il jolly contro lItalia. Quattro su undici giocano in Danimarca, ma solo tre sono professionisti: Jon Roi Jacobsen, Holst e Olsen. Il quarto, Danielsen, è ancora studente. Samuelsen la svanga in Islanda e tutti gli altri prima lavorano e poi tirano calci al pallone in un campionato a diciotto isole e dieci squadre. Si gioca da aprile ad ottobre, è dal 2001 che vincono quelli di Torshavn e per allungare il torneo ogni squadra incontra tre volte le altre. Ma fino alle sette i calciatori lavorano. Mikkelsen, il portiere, insegna in un college; Borg vende auto; Jacobsen (un altro della saga) fa il carpentiere; Thomassen fa il poliziotto e proverà ad arrestare Gattuso: «Non tirerò certo indietro il piede».
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