Si insedia Pisapia e la Cgil si «dimentica» di scioperare

Maria Sorbi

MilanoLo scorso primo maggio, quando i negozianti di Milano avevano deciso di lavorare nonostante fosse festa, i sindacati (Cgil in testa) erano scesi in piazza e i centri sociali avevano messo a ferro e fuoco la città. Erano perfino arrivati a far colare dell’acciaio fuso e del silicone nelle serrature dei negozi per impedirne l’apertura. Ora? Fermi tutti, è cambiata l’aria. Non si può più protestare, il sindaco non è più Letizia Moratti. E quindi i negozianti lavoreranno indisturbati: la data per l’apertura extra è domenica 5 giugno al posto di giovedì 2 giugno, giorno di festa. «Non possiamo mica protestare a ogni festività» tagliano corto i sindacalisti. In realtà si sente già l’effetto Pisapia. Da oggi il Comune è ufficialmente in mano sua e come potrebbero protestare contro di lui gli stessi centri sociali che l’altra sera lo hanno acclamato in piazza Duomo? Come potrebbe protestare la stessa Cgil che lunedì sera è stata rappresentata sul suo palco dal segretario Susanna Camusso? Meglio tacere, almeno stavolta.
I sovversivi non se la prenderanno con i negozianti, ma non risparmiano l’ex vicesindaco Riccardo De Corato. Lunedì, mentre il popolo arancione festeggiava in piazza Duomo, altri supporter del neo sindaco si dirigevano verso piazzale Loreto. Meta: la casa dell’ormai ex vicesindaco Riccardo De Corato, dove cinquanta giovani dei centri sociali hanno manifestato al grido di «De Corato disoccupato». Ma era due sere fa, quando anche negli uffici dell’assessorato allo Sport che si affaccia proprio sulla cattedrale, i Pisapia boys per rendere ancora più colorata la festa hanno cercato di entrare per appendere le bandiere. Si sono dovuti accontentare di farle sventolare al piano di sotto, dove c’è il consiglio di zona 1 e qualcuno del centrosinistra aveva le chiavi per entrare. Ma ieri mattina la città si è risvegliata con i nuovi manifesti sui muri della città, il ringraziamento agli elettori è un «Milano buon giorno» accompagnato dal volto sorridente del sindaco di centrosinistra, ex parlamentare di Rifondazione. Il vento è cambiato prometteva lo slogan della campagna elettorale, e sul palco della grande festa Pisapia ha invitato ad «abbassare i toni», ha detto «basta con i litigi», ha citato Gandhi («l’odio può essere sconfitto solo con l’amore»). Salvo poi, ad ascoltarlo con attenzione, sentir ripetere le parole «esercito, guerra, combattere, seppellire, battaglia, riconquistare». Il presidente dell’Anpi che su quel palco è stato accolto sulle note di «Bella ciao» ha affermato che «in questa città avevano preso un po’ troppo piede alcuni nostalgici, era ora che finisse, Milano deve tornare ad essere quella del 25 aprile 1945, la città dell’antifascismo, della liberazione, della libertà». Ieri ha voluto dedicare una parte della giornata da neo sindaco a una visita privata a Onorina Brambilla, vedova dello storico comandante partigiano Giovanni Pesce, morto nel 2007. Prima ha visitato un quartiere popolare e ha incontrato i dipendenti del Comune nell’ufficio dell’Anagrafe centrale. La settimana scorsa ha scritto nero su bianco che il Comune di Milano «deve diventare un’organizzazione modello», dirà stop agli incarichi esterni tanto criticati nell’era Moratti e l’impegno in tre mosse è a «snellire le strutture amministrative, valorizzare le risorse interne, dare autonomia e responsabilità ai dirigenti contro lo spoil system senza quartiere degli ultimi anni». Si troverà presto alla prova dei fatti.

Oggi alle 16 ci sarà la cerimonia per il passaggio di consegne tra la Moratti e Pisapia. Ieri già dal mattino presto è arrivata un’impresa di traslochi per sgomberare l’ufficio del sindaco, del vice, quello delle relazioni internazionali e del capo di gabinetto.

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