«Si torna al risparmio. Da qui la ripresa»

Rivincita dell’industria. Apoteosi del risparmio. Ridimensionamento della speculazione. «Per capire che cosa succederà nei prossimi sei mesi occorrerà osservare indicatori cruciali legati non più tanto alla finanza (quali tassi d’interesse, provvedimenti delle banche in soccorso dell’economia), quanto all’economia reale. Si tratterà di capire come la crisi di fiducia si sta superando e incanalando in nuovi fattori di cambiamento. In gioco non ci sono i prossimi mesi: ci sono i prossimi anni». Mario Spreafico, da anni direttore degli investimenti di primarie società internazionali, ricorda che la crisi finanziaria è «per imprenditori e consumatori una linea di demarcazione che porta a una nuova era di ridimensionamenti e di maggiori consapevolezze».
Quale sarà l’asse portante del rinnovamento?
«Il risparmio, che tornerà a un ruolo fondamentale: alla vecchia equazione keynesiana, in cui il risparmio valeva l’investimento. Negli ultimi cinque, sei anni l’equazione si era allungata: risparmio uguale investimento più speculazione. L’elemento speculativo oggi viene drastricamente ridimensionato e si torna al principio tradizionale del denaro accumulato in banca che, attraverso questa, viene redistribuito nel ciclo produttivo. Rallenterà fortemente la speculazione in immobili, materie prime, in compravendite di aziende finanziate in questi anni da un facile ricorso al credito».
Ci sono già segnali su questi nuovi indirizzi?
«Sì. Proprio nei giorni scorsi l’indice Usa sul risparmio pro capite ha avuto il più alto dato di crescita nell’arco degli ultimi dieci anni».
Eppure il popolo degli Stati Uniti non è risparmiatore...
«Qui si gioca il ritorno a un’economia sana, dove verrà meno la leva finanziaria per fini speculativi».
Quali altri indicatori vanno tenuti d’occhio?
«Quelli che riflettono il mondo delle imprese. In luglio le aziende americane diffonderanno i dati del secondo trimestre. I risultati diranno se è stato toccato il fondo, ma la cosa più importante sarà sentire le loro previsioni per i prossimi due trimestri. Tutto questo, ripeto, ormai è più importante delle manovre delle banche centrali, che hanno fatto uno sforzo impressionante proprio per ridare vigore all’economia reale».
Ma il ruolo dei governi resta sempre cruciale
«Sì, perché si è capito che per ripartire sono necessari ingenti piani d’investimenti in infrastrutture, che daranno un risultato a cascata nel medio-lungo termine. I problemi, piuttosto, si potranno creare nella finanza pubblica, ovvero nell’indebitamento degli Stati: sarà importante un giusto equilibrio, altrimenti l’indebitamento potrebbe castrare i benefici ricercati».
E le Borse, nei prossimi mesi, come rifletteranno tutto ciò?
«In parte hanno già scontato questo scenario con un recupero stupefacente da marzo. I mercati comunque aspettano dati reali per adeguarsi ai cambiamenti di abitudini collettive.

Questa sarà la chiave per individuare i settori trainanti: le banche, che hanno trainato i mercati negli ultimi anni, saranno ridimensionate a utilities, mentre vedo progressi per tutto quello che è industria manifatturiera, auto compresa, cemento, costruzioni. Anche le tecnologie, che ormai sono old economy»
A fine anno come si saranno comportati gli indici?
«Con un moderato rialzo».

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