SIA BENEDETTO DON ANDREA

SIA BENEDETTO DON ANDREA

In fin dei conti, poi, il problema non è nemmeno don Gallo, nè la sua candidatura alle primarie. Don Andrea lo conosciamo, conosciamo la sua capacità teatrale, conosciamo le sue posizioni, conosciamo le sue amicizie molto meno politicamente scorrette di quanto si possa pensare e lui stesso faccia credere, e conosciamo la sua tendenza alla provocazione. Insomma, don Gallo.
Il problema, in realtà, sono le primarie dell’Unione. Un baraccone sempre più simile alle elezioni del Gran Mogol per le Giovani Marmotte, con qualche elemento in più di serietà a favore delle Giovani Marmotte. Ogni giorno spunta un candidato, soprattutto da parte della sinistra radicale che pure può contare sulle candidature ufficiali di Fausto Bertinotti e Alfonso Pecoraro Scanio: il lunedì è Ivan Scalfarotto, il cui punto di forza per gli ulivisti sembra essere soprattutto la radice del cognome; il martedì è il turno di don Gallo; il mercoledì spunta don Vitaliano; il giovedì si parla di una candidatura diretta di Luca Casarini; il venerdì tocca a Gino Strada; il sabato e la domenica chiuso per riposo della fantasia. Anche se, da qui a ottobre o almeno a fine settimana, quando la Liguria diventerà per l’ennesima volta la capitale della galassia no global, c’è tempo e spazio per ulteriori candidature.
In questo quadro, don Gallo è, se possibile, l’elemento di minor colore. Rosso carminio, certo. Ma - al di là del sacerdote genovese e al di là dei comunicati ufficiali della Curia di Genova alla vigilia dei referendum che minacciavano fuoco e fiamme, salvo poi finire nel nulla - il problema è molto più serio. E non riguarda la sinistra radicale. Riguarda la sinistra che si autodefinisce moderata e che ora si trova a che fare con tutto il mondo dei candidati no global e arcobaleno, coccolati fino a ieri, vezzeggiati e corteggiati quando era di moda e potevano fare comodo, e irrisi e sbeffeggiati ora che provano a presentare il conto. Come del resto era più che prevedibile. E come, vedendola dalla parte dei no global, è più che legittimo. Se non rischiasse di essere una tragedia per il Paese, sarebbe una commedia anche divertente.
Tutto questo baraccone, si diceva, per legittimare una farsa come quella delle primarie. Messe in piedi per dare un minimo di legittimazione a una candidatura, quella di Romano Prodi, ex presidente del Consiglio, che ha il coraggio di definirsi un politico nuovo, dopo una vita passata all’Iri e dopo essere stato ministro nel 1977 in un qualunque governo Andreotti.

E in cui l’unica candidatura che sembra veramente dirompente è quella di Fausto Bertinotti, protagonista di una campagna elettorale degna delle elezioni presidenziali a stelle e strisce.
Ecco, pur non condividendo di una virgola le sue idee, se la candidatura di don Gallo servirà almeno a smascherare questa farsa, sia benedetto don Gallo.

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